“Brescia, insieme a Bergamo, è stata la prima zona colpita dalla pandemia: noi abbiamo descritto il primo caso di interessamento cardiaco in corso di Covid-19, che ha avuto subito rilevanza notevole a livello mondiale, ripreso anche dal New York Times, oltre che da JAMA Cardiology (rivista specializzata, ndr)”. Lo ha dichiarato Marco Metra, Direttore UOC Cardiologia degli Spedali Civili di Brescia, durante l’intervista a “The True Show” in onda il 15 aprile, ospite su Telelombardia di Fabio Massa e Barbara Ciabò.

“Come risulta dalla casistica – ha spiegato Metra – la prima di questo tipo, che abbiamo pubblicato lo scorso maggio, i malati cardiopatici sono più esposti ai rischi della malattia, sia per eventuali complicanze sia per la mortalità. In particolare, c’è un aumento del rischio del 30% rispetto ai pazienti non cardiopatici”. Per queste persone è importante “la vaccinazione per il Covid-19, così come sono consigliate l’antinfluenzale e l’antipneumococcica”.
Il dirigente degli Spedali Civili di Brescia fa un ragionamento ampio.
Nel mirino alcune delle conseguenze più pesanti per il sistema sanitario dello scenario pandemico. Che oltre ai danni diretti del virus, ha causato e sta causando un carico senza precedenti, come raccontato in più occasione da True Pharma, sulle risorse sanitarie.
In generale vanno ricordati due aspetti. Il primo è che per i pazienti cardiopatici si parla quasi sempre di interventi urgenti o “quasi” urgenti, cioè nelle settimane immediatamente successive, con l’impossibilità di dilazionare i ricoveri nel corso del tempo. Allo stesso tempo c’è la necessità di esporre i pazienti al minor rischio di infezione, considerato che la stragrande maggioranza appartengono al segmento più anziano delle popolazione, e per farlo sono necessarie le procedure di emodinamica non interventistica.
Anche dal alto operativo vi sono tecniche che potrebbero porre rimedio a questo “stress test” a cui è sottoposto il sistema. Sono le procedure percutanee che, rispetto alla chirurgia, sono associate a un minor rischio di infezione e una minore necessità di risorse ospedaliere, a cominciare proprio dalla durata più ridotta della degenza ospedaliera.
Per questi motivi il personale medico deve stabilire una strategia di prioritizzazione in base allo stato clinico.