Home Pharma Cardio. Castiglioni: “Rete di Hub come per terapie salva-vita, così garantiamo accesso alle cure”

Cardio. Castiglioni: “Rete di Hub come per terapie salva-vita, così garantiamo accesso alle cure”

Cardio. Castiglioni: “Rete di Hub come per terapie salva-vita, così garantiamo accesso alle cure”

di Francesco Floris

L’obiettivo di medio periodo? “Garantire che la stessa possibilità di accesso che c’è oggi sulla terapia considerata salva-vita, si possa replicare sulle altre patologie”. Quali e per quali pazienti? “A cominciare dalla stenosi aortica e dal trattamento della valvola mitrale”. Le lezioni della pandemia sono pesanti per il mondo “cardio” italiano. Ma la dottoressa Battistina Castiglioni vede e rilancia. Per il Direttore della Struttura Complessa di Cardiologia dell’Ospedale Galmarini di Tradate all’interno dell’Asst Settelaghi, e membro del Direttivo Nazionale GISE, la Società Italiana di Cardiologia Interventistica, bisogna partire proprio da ciò che ha funzionato durante l’emergenza per disegnare il futuro del sistema sanitario della Lombardia.

“La rete dell’infarto acuto, ecco cosa ha funzionato”

Cosa ha funzionato? La rete dell’infarto acuto. “Il modello di macro hub che ha caratterizzato la gestione della patologia coronarica acuta” è stato “un modello vincente durante la pandemia” dice a True Pharma la dottoressa Castiglioni. Perché “di fatto sono stati identificati con criteri che potessero rispondere all’emergenza tutti quei centri abituati a lavorare sull’infarto miocardico acuto e che hanno risposto alle esigenze del territorio, facendo in modo che tutti i cittadini potessero essere trattati con le medesime modalità”. Una questione dunque di efficienza, ma anche di equità.

È un modello che non si crea dal nulla e non si inventa certo a marzo 2020 – al massimo lo si adatta. Il sistema organizzativo complesso nasce in Lombardia anni prima con il registro dell’infarto acuto, viene esteso a livello nazionale, e mette in evidenza come ci siano delle strutture e dei poli che possano svolgere l’attività di hub per permettere la gestione rapida e immediata anche per i malati che arrivano nei centri più periferici della rete. I risultati? L’Italia tra i primi posti in Europa per numero di angioplastiche primarie effettuate su milione di abitanti, superando le 600. Un dato che ci ha “permesso di cambiare la storia dell’infarto acuto”.

Non si può dire lo stesso per altri interventi cardiologici di tipo strutturale. True Pharma ha pubblicato i dati GISE sul calo dell’attività 2020, che verranno presentati dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica a giugno in maniera dettagliata a favore di decisori politici, clinici e industria di settore. La prima fotografia pare pesante: a marzo-aprile 2020 si assiste a un drastico calo fra il 70% e il 90% per le diverse terapie interventistiche, che vanno dalla sostituzione valvolare aortica transcatetere TAVI che ha fatto segnare un meno 72%, alla clip che è scesa dell’80%; oppure gli interventi per la chiusura auricola sinistra hanno fatto segnare il meno 91% mentre per quella del forame ovale pervio PFO si arriva a un drammatico calo del 97%. Dati nazionali, per ora, ma di certo trainati dalla Lombardia dove il numero di emodinamiche sulla penisola è il più elevato in Italia. Si tratta di attività che non sono ancora riprese a pieno regime, pur limitandosi il delta con i mesi che avanzano.

“I pazienti non possono aspettare”

Numeri che obbligano a due tipi di riflessione: una di attualità e l’altra di prospettiva. Primo: a chi bisognerebbe dare priorità? “Parto dal presupposto che i pazienti in nota per una patologia cardio-vascolare sono tutti urgenti, perché per sua definizione la patologia può instabilizzare da un momento all’altro” risponde Battistina Castiglioni. “Tuttavia se fossi obbligata a fare una scelta direi che non possono aspettare i pazienti in attesa di uno studio coronarico quando questo presuppone che possa esserci una malattia coronarica, e non possono aspettare i pazienti in lista per TAVI, perché si tratta di una patologia che d’improvviso può instabilizzare il soggetto mettendo a rischio la prognosi. È il classico caso dove l’attesa può condizionare l’outcome”.

Un Piano Nazionale Cardiologico

Una riflessione più ampia riguarda invece la “definizione dei criteri” per i quali “all’interno di una lista d’attesa si può valutare il paziente più urgente di un altro”. Questo “è un lavoro che vogliamo fare a prescindere dalla contingenza” perché “è una delle strade da percorrere per rispondere alle priorità del Manifesto Cardio promosso dal GISE in queste settimane”. Un sorta di “carta programmatica” dove gli specialisti di tutta Italia chiedono al governo il finanziamento di un Piano Nazionale Cardiologico che miri a garantire l’accesso equo alle tecnologie e la definizione di un piano organizzativo organico. “Vorrei che la Regione Lombardia fungesse da traino su questo ambito, come è sempre stata, perché qui il numero di centri è altissimo” spiega Castiglioni a True Pharma facendo riferimento al fatto che su 269 centri che hanno fornito i dati al GISE (il 99% degli affiliati alla Società) ben 55 si trovano sul territorio lombardo.

Proprio da questa “geografia” delle strutture bisognerebbe ripartire per costruire su un orizzonte di medio e lungo periodo. Perché se è vero che nei mesi duri della scorsa primavera, durante il primo lockdown, a farla da padrone era la paura dei pazienti che non volevano entrare in ospedale per effettuare le procedure, nemmeno quando chiamati, adesso le barriere non dipendono dai timori delle persone – magari in lista da tempo. Tutt’altro. “Sono barriere legate a ragioni organizzative o di restrizioni per gli accessi” dice Castiglioni. “È necessario lavorare in rete – dice –. Serve che tutte le strutture che fanno interventistica strutturale possano collaborare reciprocamente per offrire le loro potenzialità, con lo scopo di garantire l’accesso alle cure uguale a chiunque”.

“Certo – chiude la dottoressa – è più complesso che sull’infarto acuto perché richiede dei centri, delle équipe specializzate e la predisposizione di un piano organizzativo aziendale che permetta di gestire questo tipo di interventi di trattamento strutturale. Ma è fondamentale sapere che in Lombardia esistono poli che possano fungere da riferimento per tutte le altre strutture, in modo da costruire una rete che offra ai pazienti soluzioni terapeutiche adeguate”.

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