Home Future Come Big Oil ci ha venduto il mito del “carbon footprint”

Come Big Oil ci ha venduto il mito del “carbon footprint”

carbon footprint ambiente

Quante volte ne abbiamo sentito parlare? Il carbon footprint, “l’impronta del carbonio”, è un’espressione con cui si misura l’impatto di ciascuna delle nostre piccole azioni quotidiane. Sembrerebbe un concetto ambientalista, eppure è stato creato da uno dei giganti del petrolio, la British Petroleum.

La nascita del carbon footprint o “impronta del carbonio”

Nel 2004 la BP pubblicò sul suo sito un “carbon footprint calculator” con cui chiunque poteva calcolare quanta CO2 produceva ogni giorno dopo aver risposto a poche domande sulle sue abitudini. Il test conteneva consigli e dava un’idea dell’impatto ambientale di ciascuno. Nonostante le belle apparenze, però, questo strumento conveniva anche all’azienda petrolifera: vediamo perché.

Come ha spiegato il giornalista Mark Kaufman su Mashable, si è trattato di un astuto trucco di marketing. BP assunse l’agenzia di pubbliche relazioni Ogilvy & Mather “per promuovere l’idea che il cambiamento climatico non è colpa di un gigante petrolifero ma degli individui”. Insomma: il pianeta si sta surriscaldando? Non è colpa nostra, sei tu che non usi abbastanza la bici.

La verità? Il problema non siamo noi

Il fine ultimo di questa sottile campagna di “propaganda”, come la definisce l’autore, è quello di allontanare i veri colpevoli da un’eventuale punizione. Per salvare il pianeta – davvero – bisogna ridurre drasticamente fino a bandire il consumo di combustibili fossili. Quanto agli effetti del cambiamento climatico, è questa manciata di aziende, detta anche Bil Oil, ad esserne responsabile; noi, purtroppo, non possiamo molto.

Volete la prova? Basta tornare con la mente ai mesi più difficili del 2020. Il mondo bloccato, immobile. Zero trasporti, zero viaggi, consumi a picco. Quel trimestre avrebbe dovuto rappresentare una boccata d’aria fresca per il pianeta, e invece non ha avuto un impatto significativo. Un po’ perché i danni sono troppo pesanti e profondi, ma anche perché il sistema che alimenta l’industria petrolifera non si è mai fermato davvero.

Il grande imbroglio è stato svelato: e ora?

Le nostre azioni, quindi, hanno un peso ridotto. Irrisorio. Se di “impronta” vogliamo parlare, la nostra rimane ben piccola. Quasi non la si vede. L’unico modo per lasciare il segno è la richiesta di leggi e divieti nuovi, pesanti e radicali – il genere di cose che Big Oil vuole evitare come la peste, preferendo trasferire la colpa su di noi e i nostri viaggi in aereo.

Non c’è che dire, la mossa di BP è stata a suo modo geniale: creare un mito su cui scaricare la colpa, finendo per farlo accettare proprio dagli ambientalisti stessi, che negli anni hanno cominciato a calcolare la loro “impronta”, sentendosi pure in colpa.

Non bisogna però cadere vittima del disfattismo o del cinismo: le nostre azioni, nel loro piccolo, contano, perché tutto conta. Quello che rende il carbon footprint una bufala è la spinta a concentrarsi solo sugli individui, e non sulle corporation che da sempre inquinano. Sono quelle le impronte da calcolare.