Home Economy Caporalato, Grafica Veneta: “Colpa dei pakistani, noi all’oscuro”. Ecco i misteriosi bilanci dei caporali del nord est

Caporalato, Grafica Veneta: “Colpa dei pakistani, noi all’oscuro”. Ecco i misteriosi bilanci dei caporali del nord est

Caporalato, Grafica Veneta: “Colpa dei pakistani, noi all’oscuro”. Ecco i misteriosi bilanci dei caporali del nord est

Nella bagarre da settimane per l’inchiesta aperta dalla Procura di Padova per caporalato, il colosso dell’editoria Grafica Veneta ha deciso di passare al contrattacco. Hanno fatto saltare il tavolo in Prefettura, abbandonandolo, dopo aver litigato con i sindacati.

Caporalato, Grafica Veneta al contrattacco nelle interviste

Con l’amministratore delegato fuori gioco (indagato), la palla passa direttamente al Presidente della società Fabio Franceschi e all’avvocato Emanuele Spata, uno dei massimi giuslavoristi del Veneto in grado di prestare i propri servigi legali contemporaneamente per aziende affiliate a Confindustria per lavoratori iscritti ai sindacati, a seconda dell’occasione.

Sfruttamento dei migranti, le critiche di Massimo Carlotto e degli autori dei libri. L’avvocato Spata di Grafica Veneta: “Ci sono scrittori che sono quello che sono”

Le critiche ricevute dagli autori dei libri stampati da Grafica Veneta a Trebaseleghe – come il giallista noir veneto Massimo Carlotto (e tanti altri) – per le prove emerse di sfruttamento sui lavoratori migranti? “Ci sono anche scrittori, vabbé che sono quello sono” ha commentato ironico l’avvocato Spata.

Grafica Veneta: “I sindacati? Voglio fare i furbi approfittando dell’inchiesta”

I sindacati? “Ho la sensazione che qualcuno – ha detto riferendosi all’Adl Cobas e in parte alla Cgil – voglia approfittare della situazione. Fanno passare Grafica Veneta per truffatrice per truffarla. Attenzione questo è un terreno molto pericoloso” aggiungendo che “La procura ha dato per scontato che lavorassero (i migranti NdR) dodici ore al giorno per sette giorni, ma non c’è stata nessuna perizia che lo può confermare. Il signore che ha lavorato solo sette ore non mi pare una vittima, al contrario. E’ uno che si vuole approfittare di una situazione. Io la vicenda la conosco meglio di chiunque altro”. Frasi che a Padova hanno scatenato la furia dei rappresentanti dei lavoratori”.

Inchiesta Grafica Veneta, salta il tavolo in prefettura a Padova

Frasi che a Padova hanno scatenato la furia dei rappresentanti dei lavoratori. “Parole folli” dice il segretario generale della Fiom Cgil di Padova, Loris Scarpa, chiedendo che la trattativa per regolarizzare i lavoratori che secondo i pm erano sfruttati sia intavolata dal Presidente di Grafica Veneta e non dai suoi emissari. “Ma Franceschi, perché non viene lui in trattativa invece che delegare tutto al suo avvocato?”.

Caporalato a Grafica Veneta? Il presidente Fabio Franceschi: “Colpa dei caporali pakistani, abbiamo pagato 36mila euro solo a giugno “

Fabio Franceschi ha scelto un’altra via. Quella delle interviste alla stampa locale con un atteggiamento inedito nel panorama delle grandi aziende finite sotto i riflettori: l’esposizione mediatica. La colpa di ciò che è successo nel produttivo nord est? Tutta responsabilità dei caporali pakistani della BM Services a cui Grafica Veneta aveva affidato parte delle lavorazioni. “A giugno a questa cooperativa abbiamo fatturato 36 mila euro, noi abbiamo pagato 22 euro l’ora i pakistani. Se poi a loro ne sono arrivati solo 4,5 è grave e addolora perché anche loro sono vittime innocenti”.

Grafica Veneta: “Ora basta con coop e subappalti, troppo rischioso”

E ancora: “Già mesi fa abbiamo chiesto a un’altra cooperativa di vedere i tracciamenti dei bonifici ai lavoratori. Si sono trincerati dietro alla privacy, ma sui soldi del lavoro deve esserci piena tracciabilità” ha detto il numero uno dell’azienda annunciando nuove assunzioni in autunno e aggiungendo che rispetto all’accaduto “non mi capacito, siamo un’azienda in cui si lavora sodo, lo stabilimento è lungo un chilometro e ai nostri dipendenti diamo pure i parrucchieri e le visite specialistiche. Che mi si venga a dire che faccio caporalato mi ha distrutto moralmente, io amo la mia gente. Ora mi affido alla magistratura: abbiamo un bravo pm e un gip che non scherza. Sapranno far luce”.

Gli appalti sono più di uno nel colosso editoriale di Padova. Oltre ai pakistani della BM Services, nel suo stabilimento è utilizzata anche una “coop” (in realtà la BM è una società per accomandita speciale, le meno trasparenti dal punto di vista fiscale e lavorativo) gestita da cittadini rumeni. “Ora basta – dice il Presidente – è giunto il momento di finirla con “cooperative e subappalti” perché è troppo rischioso.

“I nostri manager sono brave persone”

Certo, ci sono le intercettazioni sui manager di Grafica Veneta che qualche elemento in più lo offrono. “Non ho letto le intercettazioni che li riguardano” ha aggiunto il numero uno del gruppo ma “posso dire questo: Bertan e Pinton sono talmente buoni ed equilibrati che se dovessi affidare la mia vita a qualcuno l’affiderei a loro. Bertan lo considero un amico, un figlio e una persona estremamente affidabile”.

Morale? Colpa dei caporali pakistani che governano la somministrazione di manodopera e a monte l’ingresso in Italia dei migranti. Ma adesso si cambia direzione. Troppo alti i rischi legati alla responsabilità solidale della committenza negli appalti– come dimostrano i casi Ubereats, Dhl, Ceva Logistics e molti altri di cui True-News ha scritto dettagliatamente nei mesi -, di applicazione della legge 231 che potrebbe escludere le aziende “conniventi” dalle gare con la pubblica amministrazione e infine l’estrema ratio del commissariamento delle aziende stesse, messe in amministrazione giudiziaria dai Tribunali.

Grafica Veneta. I caporali pakistani e quei bilanci misteriosi

Eppure, qualcosa, nei numeri di questa storia non torna. Basta prendere visure camerali e bilanci della società dei pakistani domiciliati nel nord di Trento ma operativi nei magazzini di imballaggio in tutto il nord est, per scoprire che qualcosa non andava. Dichiarati al registro imprese 54 dipendenti dediti al confezionamento di generi non alimentari. Le società in accomandita speciale (SaS) non sono obbligate a depositare bilanci. Ma il gruppo capofila – omonimo: BM Services di Mahomood Arshad Badar e figli – invece sì. E dichiara un fatturato di 30.275 euro da vendita di prestazioni e altri ricavi.

Una cifra che non basterebbe nemmeno a coprire uno stipendio da 600 euro a dipendente all’anno, non al mese. A maggior ragione dichiarando un utile di 72mila euro, doppio rispetto ai ricavi. Dove sta il trucco? I caporali pakistani dichiarano altri 122mila euro di introiti dal altre partecipazioni del gruppo (non dichiarate). Ammesso che sia vero fanno complessivamente 152 mila euro per pagare 54 operai (in astratto 3mila euro in un anno a testa) e garantirsi comunque in maniera non facilmente spiegabile 70mila euro di profitti nel 2019, all’ultimo bilancio depositato. Chi tirasse fuori questi soldi non si sa e non emerge nemmeno dalle carte dei pm di Padova.

Grafica Veneta, Barizza International e le pmi venete: chi controlla i subappalti?

Rimane tuttavia una domanda. Da porgere a Grafica Veneta, al suo ignaro presidente Fabio Franceschi e alle altre aziende del distretto padovano che lavoravo con la BM Services, come la Barizza International, altra società nel settore stampa di libri e manoscritti: quando stipulano un contratto d’appalto con un fornitore esterno, nessuno fa una una visura camerale (costo 6,50 euro) più la richiesta di un bilancio (costo 2,50 euro) per sapere a chi si sta affidando una parte importante delle proprie lavorazioni in appalto?

Come è possibile che Grafica Veneta abbia staccato un assegno da 30mila euro per avere i lavoratori pakistani solo a giugno 2020, cifra che equivale all’intero fatturato del gruppo BM nel 2019? Oppure si può credere che due anni fa l’azienda fatturasse delle cifre e che nel 2020, in piena pandemia, ha fatto il +600% con una crescita tale da dover essere inserita nella classifica “Leader della crescita” del Sole 24 Ore. A quel punto sarebbe doveroso che i pakistani, più che ricevere avvisi di garanzia, realizzassero dei corsi di formazione per le pmi italiane, dove insegnare loro come si cresce a tre cifre.