I dodici mesi che hanno sconvolto il mondo del delivery, potremmo chiamarli. A partire dal primo lockdown della primavera 2020, servizi come Deliveroo, UberEats e JustEat hanno conquistato una grande fascia di pubblico, anche al di fuori dalle grandi città, dove si erano già affermati. Così, lo scorso ottobre il delivery di cibo degli utenti era arrivato a rappresentare tra il 20 e il 25% degli acquisti digitali consegnati direttamente a casa.

Un boom di utenza che ha aggravato le condizioni di lavoro dei cosiddetti rider, come già raccontato da True Working, alle prese con orari e ritmi forsennati e grandi incertezze economiche. Tanto che, nel maggio del 2020, Uber fu commissariata per capolarato dai giudici Roia-Tallarida-Pontani della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano. Il commissariamento della società si è concluso la scorsa settimana, dopo che i tre amministratori giudiziari hanno sottolineato come negli ultimi dieci mesi “la collaborazione prestata da Uber è stata ragguardevole”.
Tra le carte del processo, di particolare rilevanza è l’esposto con cui alcuni rider descrissero le loro condizioni di lavoro (pdf), che portò al primo decreto di perquisizione per le società (13/02/2020, pdf ) Flash Road City ed Frc srl, accusate di reclutare rider che venivano poi destinati al gruppo Uber.
Un’emergenza che sembra essere rientrata per l’azienda, almeno per il momento, ma che nasconde una crisi endemica che riguarda i diritti di migliaia di persone. L’epopea, insomma, è destinata a continuare.