Chi si rivede, ICE, l’Istituto per il Commercio Estero. A poco più di un decennio di distanza dagli scandali che portarono al suo (temporaneo) scioglimento, ecco che l’ente è, a quanto pare, tornato. Tornato a spendere, vogliamo dire. È di qualche giorno fa l’annuncio dell’apertura del primo Centro nazionale di Innovazione e Cultura italiana all’estero, voluto dalla Farnesina in collaborazione con l’Agenzia.

ICE: un hub carissimo
L’Hub non ha aperto in un posto qualsiasi ovviamente ma nel cuore della Silicon Valley, a San Francisco, precisamente nel quartiere italo-americano (ma gentrificato) di North Beach.
Ma anche, verrebbe da dire, un investimento notevole in una delle città più care dal punto di vista immobiliare.
Gli scandali recenti dell’ICE
Nel 2011, l’allora presidente di Confindustria Emma Marcegaglia aveva definito l’ICE “un papocchio che non aiuta”.
A guidarlo negli “anni d’oro” c’era Umberto Vattani, già Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri e ultimo presidente dell’Istituto fino al 2011 (anno in cui si trasformò in Agenzia ICE).
Quanto al figlio Mario, anch’egli con ottime cariche diplomatiche, nel 2012 fu richiamato in via definitiva dal carico di console italiano di Osaka, in Giappone, dopo che i giornali parlarono della sua collaborazione a un gruppo musicale “fascio-rock”.
Come il governo Monti salvò l’ICE
A un certo punto, la misura fu colma e, nell’agosto del 2011, l’ente fu sorpreso dal governo Berlusconi, per poi risorgere con il decreto Salva Italia del governo Monti. Alla faccia dell’austerity! Il nuovo ICE fu “dimagrito” e depotenziato, almeno a parole, e oggi è presieduto da Carlo Ferro, già Vice Presidente di Assolombarda e con precedenti nella Commissione Europea.
Ed è proprio il sua ICE a essere tornato a spendere. Speriamo che questa volta vada meglio di dodici anni fa. Di sicuro un investimento faraonico nella carissima San Francisco fa tremare i polsi di chi si ricorda la cronaca degli ultimi quindici anni.