Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, si arricchisce di un nuovo, clamoroso sviluppo. La Procura di Brescia ha iscritto nel registro degli indagati Mario Venditti, ex procuratore aggiunto di Pavia, con l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari. Venditti, oggi in pensione, fu il magistrato che archiviò due volte le accuse contro Andrea Sempio, l’amico del fratello di Chiara e ora unico indagato nel nuovo filone d’inchiesta.
L’ipotesi di una somma di denaro in cambio dell’archiviazione
A far scattare le indagini è stato il ritrovamento di un enigmatico biglietto, sequestrato a casa dei genitori di Sempio: «Venditti gip archivia per 20-30 euro». Secondo i pm di Brescia, questa annotazione — a penna e con grafia attribuita a Giuseppe Sempio, padre di Andrea — farebbe riferimento a una somma di denaro che sarebbe stata «proposta o comunque ipotizzata la corresponsione al procuratore aggiunto Mario Venditti di una somma di denaro correlata all’archiviazione del procedimento». La data sul biglietto («febbraio 2016») risulta anticipata di un anno rispetto agli atti ufficiali — l’archiviazione fu infatti richiesta il 15 marzo 2017 e accolta il 23 —: «I pizzini richiedono prima una perizia calligrafica per essere attribuiti a chicchessia», ha obbiettato la difesa di Sempio, l’avvoccato Massimo Lovati.
Verifiche su movimenti bancari sospetti e intercettazioni
Le perquisizioni ordinate hanno riguardato Venditti, la famiglia Sempio e nove persone in totale, inclusi due ex carabinieri. Gli investigatori sono partiti dalla trascrizione di alcune intercettazioni ambientali mai trasmesse integralmente e da alcune «movimentazioni anomale» sui conti della famiglia Sempio. In particolare, tra dicembre 2016 e giugno 2017, le zie paterne di Andrea Sempio avrebbero emesso assegni per 43mila euro al fratello, Giuseppe Sempio; questi, in concerto col figlio, avrebbe poi prelevato in contanti 35mila euro. Operazioni bancarie che, secondo i pm, sarebbero «del tutto incongrue rispetto alle loro ordinarie movimentazioni bancarie».
I sospetti sulla gestione dell’interrogatorio e la fuga di notizie
Le indagini bresciane hanno inoltre documentato quella che definiscono una “serie di anomalie” nelle precedenti inchieste della Procura di Pavia. Tra queste, «l’omissione da parte della pg incaricata delle indagini della trascrizione di alcuni passaggi rilevanti delle intercettazioni ambientali» e «alcuni contatti opachi» tra la famiglia Sempio e membri attivi o ex della polizia giudiziaria. Uno di loro avrebbe avuto «contatti non relazionati» con la famiglia, mentre un altro avrebbe mantenuto rapporti «di durata incongrua rispetto all’attività da svolgere».
Secondo il decreto di perquisizione, Andrea Sempio sarebbe stato informato «da qualcuno delle domande che gli sarebbero state rivolte» già prima dell’interrogatorio del 10 febbraio 2017. Questo dettaglio emerge da una conversazione intercettata tra Andrea Sempio e il padre, Giuseppe: «Comunque ha detto che ti chiederà le cose che sono state depositate. Non è che…», dice il padre. «Sì lo so», risponde il figlio. Il padre suggerisce: «Massimo, se ti infila dentro qualche domanda che non… dici: guardi, io non mi ricordo, son passati dieci anni…». Subito dopo l’interrogatorio, sempre intercettati, padre e figlio si confrontano sulle risposte date. Con la celebre espressione «ne ho cannata una», Andrea si riferisce a una domanda sullo scontrino del parcheggio Vigevano del 13 agosto 2007, giorno del delitto. Sempio poi aggiunge: «A parte che erano dalla nostra… perché mi han fatto alcune domande che io ho capito perché me le facevano…».
Un’indagine piena di dubbi e lacune
Nel decreto di perquisizione i pm di Brescia sottolineano la «breve durata dell’interrogatorio di Andrea Sempio» e quella che definiscono una formula «tranchant» con la quale fu redatta la nota d’indagine del 7 marzo 2017: «Completa assenza di elementi a supporto delle ipotesi accusatorie a carico di Andrea Sempio».
I pm bresciani hanno dunque sollevato la domanda sul perché sia «stata omessa la trascrizione di quelle frasi, di forte valenza indiziaria» e, soprattutto, perché «fu omessa ogni verifica bancaria» sul danaro che la famiglia Sempio avrebbe potuto versare per influire sull’esito dell’indagine. Al momento, nella nuova inchiesta per corruzione, la Guardia di finanza è incaricata di analizzare ogni appunto, pc, tablet o altro supporto elettronico ancora custodito sia nella casa dei genitori di Sempio sia in quella dell’ex procuratore Venditti. L’obiettivo dichiarato: trovare ogni «possibile elemento utile» a provare la necessità di danaro presso la famiglia e l’effettivo passaggio agli inquirenti.
Questa nuova pista può riscrivere la storia giudiziaria di uno dei casi più discussi della cronaca italiana. La difesa di Sempio ha per ora ribadito con decisione che «i pizzini richiedono prima una perizia calligrafica per essere attribuiti a chicchessia» e attende gli esiti delle analisi in corso. Nessuna accusa è stata ancora provata, ma la Procura di Brescia sembra decisa ad andare fino in fondo per chiarirre tutti gli aspetti di questa intricata vicenda.