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Basso impero Uefa: sarà la Champions meno Champions di sempre

Finale di Champions League 2023

L’inno solenne, la foggia inconfondibile della coppa, una storia nella quale si trova quasi tutto il meglio del calcio mondiale di sempre: la Champions League resta il torneo europeo più evocativo, più amato, più sognato. Eppure, al di là del brand e di tutti i tentativi – peraltro riusciti – di negare l’evidenza da parte del  presidente Uefa, Aleksander Ceferin, e di un’organizzazione che non lesina eventi, gala e inviti, l’edizione 2023-24 del torneo si presenta in una versione da Basso impero, la Champions meno Champions di sempre.

Bye bye Uefa

Lo è, banalmente ma nemmeno tanto, per una questione di immagine proiettata, quella stessa che la Uefa ha sempre messo sul tavolo anche quando si trattava di dover vendere i diritti di broadcasting, ovvero quella che le permetteva di poter allineare i giocatori più celebri, i più idolatrati, i più seguiti – sì: piaccia o non piaccia, si pesano anche i numeri dei social – e i più vincenti.

Die meister, die besten, appunto dal testo dell’inno: i campioni, i migliori, ma intanto 15 tra i più recenti vincitori del trofeo se ne sono andati in altri continenti, nei club di altre confederazioni. Mendy e Kanté vinsero col Chelsea, Fabinho, Firmino, Henderson, Mané e Wijnaldum col Liverpool, Neymar col Barcellona, Mahrez e Laporte col City, Benzema col Real, Cristiano Ronaldo con Real e Manchester United: sono tutti finiti nella Saudi Pro League. Messi, Busquets e Jordi Alba, che trionfarono col Barcellona, giocano oggi nella Major League statunitense. In totale fanno 28 Champions.

Non solo: tra Cristiano Ronaldo, Benzema e Messi giocano fuori dalla Champions tre degli ultimi quattro vincitori del Pallone d’oro, cioè tutti i vincitori del trofeo dal 2008 a oggi, con l’unica eccezione di Luka Modric. Un aspetto, quest’ultimo, che da un lato racconta come il Pallone d’oro non possa essere considerato verità rivelata, ma dall’altro spiega altrettanto bene i meccanismi per i quali avere Messi e Ronaldo lontani dall’Europa non sia questo gran affare, a prescindere dall’età dei due.

Next gen

Questo è uno degli altri punti che Ceferin sostiene: chi se n’è andato è in là con gli anni. Ed è vero, ma non si può neppure pensare che Mané, Mahrez, Neymar, Benzema e Messi – campione del mondo in carica, e non da comparsa, appena otto mesi fa – non avessero niente più da dare alla Champions, e così i vari Laporte o Mendy, che non hanno ancora trent’anni, per non parlare del 21enne Gabri Veiga che avrebbe potuto giocarla col Napoli, se avesse voluto.

L’Uefa, così, oggi deve battere sul cambio generazionale e seppellire la memoria delle stelle del suo passato, i Messi e i Ronaldo, puntando forte sui fuoriclasse dell’oggi già proiettati al futuro: Haaland, Mbappé e Vinicius sono già riconosciuti e riconoscibili da tutti, Bellingham nella nuova veste Real si sta prendendo quel mondo che gli veniva pronosticato già ai tempi del Birmingham City, Musiala ha il futuro in mano, Kvaratskhelia e Osimhen si sono già fatti notare, ma il Napoli non è il Barcellona per storia né il City di Guardiola per hype, e questo conta. Restano i De Bruyne, i Lautaro Martinez, i Kane, i Neuer e i Courtois (infortuni a parte), già noti, oggi veterani visto che i veterani precedenti hanno lasciato.

La rivoluzione

In tutto questo, la Champions meno Champions di tutte sa anche benissimo di andare verso un futuro nella quale sarà altro da sé: questa, infatti, sarà l’ultima edizione del torneo con il format attuale, perché dalla prossima estate parleremo di una competizione ben diversa, ed è inevitabile che oggi l’Uefa guardi soprattutto al domani. Avendo già venduto i diritti audiovisivi per il trienno 2024-2027, peraltro essendo ancora in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia della UE sul caso European Super League, bisognerà fare in modo che il pubblico si appassioni a un format decisamente meno intuitivo, un mischione nella prima fase.

Non più otto gironi distinti ma un singolo girone con classifica unica per tutte le 36 squadre ammesse, con le squadre che giocheranno otto partite tutte contro avversarie diverse decise dal sorteggio, nel quale appunto il sorteggio avrà ancora maggiore importanza, e anche per il passaggio alla fase a eliminazione diretta i fattori contestuali conteranno molto più del merito, almeno per le squadre che si classificheranno dal nono al ventiquattresimo posto e si contenderanno gli altri otto posti agli ottavi, dove saranno passate le prime otto. Piacerà? Di sicuro, serve creare grandi aspettative e dipingere da subito la rivoluzione con i colori del progresso. Anche perché altrove, a quanto pare, le idee non mancano.