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Tutti sul carro di Alex Schwazer

Tutti sul carro di Alex Schwazer

Adesso che Alex Schwazer salirà sul palco di Sanremo, il processo di riscatto potrà essere compiuto. E poco conta che al marciatore (ex? ancora?) interessi soprattutto riuscire ad essere al via nelle gare di Tokyo del prossimo mese di luglio, quando rischia di non poter partecipare perché le istituzioni dello sport sputtanate dal Tribunale di Bolzano continuano a tenere alto il muro nei suoi confronti. Meglio la passerella nazional-popolare dell’Ariston per pulirsi la coscienza mentre sarebbe auspicabile che da qui al giorno dell’accensione del braciere olimpico lo sport italiano mettesse in campo tutto il suo peso per portare a Tokyo anche Schwazer. Da atleta. Non da simbolo.

C’è ancora tempo per fare l’una (Sanremo) e l’altra cosa. Nei giorni della redenzione del marciatore, però, sarà utile ricordare come lo schema del “solo contro tutti” sia già stato vissuto nell’ormai lontano 2016, quello dell’annuncio della positività e della cacciata con ignominia da Rio de Janeiro. Dice Sandro Donati, tecnico di Schwazer, che in questi anni solo il presidente del Coni, Malagò, e il suo segretario generale, Mornati, gli sono stati vicini. Allora la sensazione fu leggermente diversa, con i vertici dello sport italiani imbarazzati per una vicenda dai contorni non chiarissimi ma che metteva fuori la speranza numero uno di medaglia dell’intera spedizione.

Il silenzio della politica

Anche la politica mostrò imbarazzo. E silenzi. Zitto l’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi (che adesso ha twittato un entusiasta “Qualcuno pagherà peer aver distrutto la vita e la carriera di Alex Schwazer?”) e zitto Claudio De Vincenti che da sottosegretario faceva le veci del ministro dello Sport. E i colleghi? Oggi saranno contenti di riabbracciarlo. Di certo, però, allora non si lasciarono attraversare dal dubbio nemmeno davanti alle assicurazioni di essere vittima di una trappola. “Vergogna d’Italia, squalificatelo a vita” tuonò Gianmarco Tamberi, per poi affondare a sentenza del Tas pubblicata: “Non credo nel complotto… Il mio non è accanimento verso di lui, semplicemente il mio modo di concepire lo sport”. Federica Pellegrini: “Non so se darla per vera (la notizia ndr), comunque dispiace molto che ci sia ricascato”. E la parola radiazione era la più utilizzata.

Chi doveva difenderlo si voltò dall’altra parte. Come il comunicato della Fidal, la sua federazione, infarcito di “posizione rispettosamente interlocutoria”, “rispetto delle regole” e “non appartengono valutazioni che vadano oltre gli atti ufficiali, unico elemento che ha costituito e costituirà in futuro la base dell’operato della Federazione”. Ecco. Dopo aver spedito sul palco di Sanremo, chi allora non lo difese faccia di tutto per farlo salire sull’aereo per Tokyo. Come minimo.