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Italia-Vaticano, dialogo sull’Ia tra fede e…intelligence

Italia-Vaticano, dialogo sull'Ia tra fede e...intelligence

Cosa ci fanno assieme la vicedirettrice del Dis, l’organo di coordinamento dell’intelligence italiana, Alessandra Guidi, e il francescano Paolo Benanti, consigliere per la tecnologia di Papa Francesco e a capo della Commissione Algoritmi del governo italiano, allo stesso tavolo? Parlano di intelligenza artificiale. L’evento organizzato per il prossimo 14 maggio dall’Ambasciata italiana presso la Santa Sede a Roma vedrà una peculiare, e interessante, commistione di competenze.

L’Ia sulle due sponde del Tevere

Ci sarà, con la Guidi, il Dis, all’avanguardia per l’analisi previsionale del ruolo dell’Ia per la sicurezza collettiva, tanto da aprire un bando mirato per portare competenze specifiche sul tema nei servizi. Ma ci sarà anche Benanti, trait d’union tra le due sponde del Tevere sul tema dell’approccio alle nuove tecnologie. Un approccio che la Chiesa ricorda possa e debba essere antropocentrico e orientato al progresso e all’emancipazione dell’uomo prima che al profitto. Prove generali del dialogo di Borgo Egnazia di giugno, quando al G7 Papa Francesco, per la prima volta nella storia per un pontefice, parteciperà ai lavori. Invitato da Giorgia Meloni a parlare proprio di Ia.

L’Ia tra uomo e macchina

Guidi e Benanti discuteranno assieme alla professoressa Barbara Caputo, direttrice dell’Artificial Intelligence Hub del Politecnico di Torino e di monsignor Lucio Adrian Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede. Tecnologia, ricerca, antropologia e scienza, filosofia e sicurezza: l’Ia è una rivoluzione da guardare su più fronti e che oggigiorno ci sia un dialogo tanto forte tra Italia e Vaticano conferma la necessità per entrambe le parti di cercare interlocutori forti per capire ove condurrà questo percorso.

Naturalmente gli apparati securitari italiani sono in prima linea. Ma, al contrario di quanto avviene in aree come Regno Unito e Usa, in Italia l’attenzione è più sulla necessità di plasmare l’umano che sul controllo ferreo sull’algoritmo. Perché sono gli uomini a declinare la tecnologia tramite i propri usi.

Leggere il segno dei tempi

Si pone la necessità di leggere “il segno dei tempi” dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla società. Qualcosa che fa, ormai da tempo, la Chiesa cattolica. Tra le poche istituzioni globali ad aver sviluppato una dottrina sia religioso-antropologica che concreta sulla necessità di vagliare in rapporto all’etica, all’impatto sociale e alle conseguenze sui rapporti di lavoro e produzione l’introduzione di ogni tecnologia di Ia.

Un tema, dunque, da snocciolare con profonda attenzione e visione strategica. Con un approccio multidisciplinare e attento a ogni ricaduta. L’incontro tra una donna d’intelligence e un teologo, in quest’ottica, non è così strano. Si tratta di guardare oltre. Esplorare frontiere più profonde. L’intelligence lo fa nel mondo qua giù. La teologia per i legami tra questo e il mondo lassù. Porsi delle domande sul futuro dell’umano e dei rapporti di forza sociali dopo la rivoluzione dell’Ia impone di ragionare tenendo presente tutte le sfere. Italia e Vaticano lo hanno capito. Il resto del mondo non è ancora detto l’abbia fatto.