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La svolta dell’intelligence Usa nella sfida dell’Ia

La svolta dell'intelligence Usa nella sfida dell'Ia

La comunità dell’intelligence americana vuole affrontare con forza la sfida dell’intelligenza artificiale e le sue, dirompenti conseguenze. Per questo motivo l’Office of Director of National Intelligence (Odni), l’organo governativo che coordina le diciassette agenzie di spionaggio, guidato da Avril Haines ha deciso, di recente, di nominare uno Chief AI Officer nella figura di John Beieler, già consigliere scientifico della Haines.

Chi è il nuovo consigliere dell’Odni per l’Ia

Dottorato alla Pennsylvania State University, già ricercatore Centro di eccellenza per la tecnologia del linguaggio umano della Johns Hopkins University, studioso delle capacità di apprendimento dei linguaggi artificiali su larga scala, Beieler è consigliere dell’Odni dal 2019 dopo aver lavorato presso l’Intelligence Advanced Research Projects Activity (Iarpa). La sua nomina mostra un rafforzamento della volontà delle spie americane di dominare la rivoluzione dell’Ia in tutte le sue sfere.

Scenari e sfide delle spie Usa

Il problema non è tanto nella mole di dati a disposizione. Quanto, piuttosto, nella “razionalità” degli algoritmi e della loro capacità di aiutare a costruire scenari strategici. L’intelligence Usa da tempo combina fonti aperte, una superiorità schiacciante in termini di tecnologie satellitari e di ricognizione e una proiezione operativa di Human Intelligence profonda per ampliare le sue prospettive. L’uso sapiente delle tecnologie di frontiera può aiutare a dare una direzione chiara alle scelte della comunità dell’intelligence ma, ovviamente, serve governare rivoluzioni quelle dell’Ia. Le quali devono ampliare, e non calcificare, la capacità di pensiero delle spie a stelle e strisce.

Il Regno Unito, in quest’ottica, da tempo fa scuola. Provando a diversificare le intelligenze umane per abilitare la corsa alle nuove intelligenze artificiali, evolvendo il pensiero dei servizi segreti al tempo che cambia. Paesi come Israele e la Russia mostrano quanto una struttura di intelligence orientata a fini prettamente operativi possa dimenticare, in casi di crisi, la necessità di cogliere gli elementi di aleatorietà nei processi. Causando cortocircuiti come gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e il massacro del Crocus City Hall di Mosca del 22 marzo scorsi. Entrambi imputabili a fallimenti d’intelligence.

L’Ia alla prova della sicurezza nazionale

Gli algoritmi dovranno aiutare a separare il grano dal loglio nella mole di informazioni che giunge alle agenzie Usa. La cui “ansia classificatoria” tocca ogni punto dello scibile umano: dai dati raccolti tramite le infrastrutture di telecomunicazione a quelli acquisiti via satellite, dalle fonti aperte a quelle diplomatiche. Beieler avrà il compito di applicare ciò che nel 2020 disse in un’interessante intervista radiofonica.

“La comunità dell’intelligence ha un sacco di dati a disposizione”, disse allora. Dati che possono “provenire da alcuni delle nostre più sensibili piattaforme di raccolta o da notizie open source. Immaginate di essere un analista e di avere un mucchio di dati davanti a voi. Immaginate di essere incaricati di rispondere a una domanda particolare a cui un politico ha bisogno di una risposta. Cosa accadrà dopo questo evento mondiale? Perché è successo questo evento mondiale? Devi cercare dentro quella mole di dati, di solito nell’arco di due, tre, quattro ore e produrre una risposta”. Destinata a esser traslata in risposte operative tramite l’intelligence, ghiandola pineale dello Stato.

Ia e “pietre veggenti”

“Dato che il compito fondamentale della comunità dell’intelligence è fornire informazioni utili ai politici in un periodo di tempo consono”, nota Beieler, avere più dati conta meno di avere dati migliori e infrastrutture di controllo delle trasmissioni più efficiente. Nell’era della rivoluzione tech, delle tecnologie quantiche e dell’internet delle cose questo, secondo Beieler, dovrebbe aiutare le spie a far meglio il loro lavoro. Avril Haines lo sa: la “zarina” dell’intelligence Usa lavorava in passato per il colosso degli algoritmi per la profilazione e la sicurezza, Palantir. L’azienda che prende il nome dalle “pietre veggenti” di Tolkien e lavora a stretto contatto con apparati federali sempre più affamati di informazioni sensibili. E del modo migliore per maneggiarle.