Home Politics “Gli ucraini sono slavi, non russi. Ora si rischia un milione di profughi”

“Gli ucraini sono slavi, non russi. Ora si rischia un milione di profughi”

“Gli ucraini sono slavi, non russi. Ora si rischia un milione di profughi”

“Ma quali ucraini fascisti? Svoboda e Pravij Sektor hanno meno del 2%. L’Ucraina ha una sua storia e cultura indipendente”. Le nebbie di guerra si sono diradate: la guerra in Ucraina è una tragica realtà. All’alba del 24 febbraio è scattata l’invasione russa in un Paese che da anni è al centro delle mire di Mosca. Le tensioni al confine erano iniziate nel 2014 con l’annessione della Crimea e, dopo otto anni di guerra a bassa intensità costata 15mila morti, conoscono ora una rapida escalation militare. La crisi affonda le radici nella storia, anche recente con le manifestazioni di Euromaidan. Fabio Prevedello, presidente dell’Associazione Culturale Europea Italia-Ucraina Maidan, analizza le ragioni storiche della crisi e gli scenari che potrebbero coinvolgere anche il nostro Paese.

Cos’è l’Associazione Italia-Ucraina Maidan?

Siamo nati nel 2013 come associazione culturale, e mai ci saremmo immaginati di riciclarci in breve associazione umanitaria: dai fatti di Euromaidan e dall’invasione russa del 2014 abbiamo inviato 300 tonnellate di aiuti umanitari nel Paese per centri profughi, case famiglie e orfanotrofi. Io sono cresciuto a Busto Arsizio, dove esiste la più grande associazione nazionale che si è occupata di portare bambini di Cernobyl in Italia. Sono cresciuto con bambini ucraini, amicizie che sono rimaste. Con loro e con mia moglie – che è ucraina – abbiamo deciso di creare quest’associazione per promuovere la cultura ucraina. Ci siamo riusciti per poco tempo. Siamo dentro un movimento popolare che ha un migliaio d’iscritti, il nostro obiettivo ora è fornire aiuti al Paese in guerra. Anche grazie a Caritas e Croce Rossa, Azzurra e Rosa Celeste invieremo un’ambulanza a Kiev.

Che contatti avete in Ucraina?

Abbiamo sempre cercato di creare canali istituzionali con le istituzioni del Paese, che hanno riconosciuto i nostri sforzi negli anni: siamo stati insigniti dallo scorso presidente Poroshenko della Medaglia di Terzo Grado Scelto, un’onorificenza concesso solo a 5 stranieri. A Berdiansk, una città portuale dove abbiamo operato e che è stata bombardata in questi giorni, hanno rinominato una via in “Piazza Italia”.

Cos’hanno significato per l’Ucraina e per l’area ex sovietica i fatti di piazza Maidan?

Per prima cosa, l’associazione è nata prima delle proteste. “Maidan” in ucraino vuole semplicemente dire “piazza”, e noi volevamo essere semplicemente un ponte culturale tra i due Paesi: non centriamo nulla con Euromaidan – che in realtà si chiama Majdan Nezaležnosti, Piazza Indipendenza. Sicuramente gli eventi del 2013 sono stati il punto di svolta della storia ucraina: la “Rivoluzione delle dignità” è stata voluta dai giovani che sognavano l’Europa. Gli ucraini sono un popolo slavo, non russo: la cultura sovietica gli è stata imposta, ma si sentono europei.

Quali sono le caratteristiche culturali, demografiche e storiche della nazione ucraina?

Per secoli l’Ucraina – che significa “terra di confine verso l’est” – è stata una nazione autonoma. Oggi è un Paese in cui si parla anche russo, e questo fa paura al Cremlino: teme che gli ucraini possano insegnare la libertà ai fratelli russi. L’ucraino è però una lingua autonoma. Il russo è un idioma che è stato costruito da San Cirillo nel IX secolo, usando parte del greco, dello slavo e dell’inglese – i nomi dei mesi sono quasi uguali a quelli britannici. Ci sono assonanze tra russo e ucraino: due lingue slave, ma differenti. Se un ucraino parla lentamente si capisce con uno sloveno, un croato o un polacco, cosa impensabile per un russo.

Le rivendicazioni russe sui territori dell’est-ucraino sono giustificate?

Provate a immaginare se la Spagna intendesse invadere l’Italia perché le lingue sono simili. La storia è esattamente il contrario di quanto affermato da Putin: Mosca è stata fondata nel 1147 dal principe ucraino Jurij Dolgorukij, la Russia è nata come Rus di Kiev. Le zone del Donbass hanno conosciuto negli anni Trenta un autentico olocausto, l’Holodomor. Il mito dei comunisti che mangiano i bambini nascerebbe proprio da qui: Stalin fece razzia di tutte le riserve alimentari e morirono tra i 6 e gli 8 milioni di ucraini. Per ripopolare le aree dell’est si è ricorso a una “ripopolazione” con russi. I russofoni sono diventati parte integrante del tessuto sociale ucraino. Durante Maidan c’erano migliaia di persone con il cartello: “parlo russo, ma non sono russo”.

Quanto ha inciso l’elezione di Zelensky sulla crisi? Quali sono stati gli eventi che hanno portato al precipitare degli eventi?

Non penso che i cambi di governance straniere – soprattutto la recente negli Usa – abbia inciso in modo particolare: con scavezzacollo al confine come Putin o Lukashenko c’è poco da fare. Zelensky è un leader competente, ma il suo è stato un voto di protesta, che qualcuno in maniera dissennata ancora etichetta come “fascista”. Lo scorso 25 aprile, su invito dell’ANPI, abbiamo partecipato al corteo con le bandiere ucraine: purtroppo siamo stati aggrediti da antagonisti e centri sociali. Ci etichettano come “razzisti e nazisti”, un’associazione che non riesco a comprendere: alle ultime elezioni Svoboda – di destra – e Pravyj Sektor – di estrema destra – non sono nemmeno entrati in parlamento, insieme hanno preso meno dell’1%. Se si bolla l’Ucraina come paese di “destra”, allora che dire della Francia o del nostro Paese?

Quanti sono gli ucraini in Italia e come stanno reagendo all’inizio dell’invasione?

Gli ucraini sono tra la quarta e la quinta comunità straniera, circa 250mila residenti in Italia. Sono arrabbiati e disperati: da qui non possono fare nulla per i loro cari. Il nostro Paese invece può aprire le frontiere agli altri ucraini che scappano da una guerra vera, con bombe tutt’altro che intelligenti. Potremmo passare dalle migliaia di oggi al milione di profughi di cui parlava Orban. Tutto dipende da quanto durerà la guerra. Io temo che le mire russe siano più grandi del semplice Donbass, Putin punterà all’argine naturale del Dnipro, creando una sorta di 36esimo parallelo come in Corea.