Home Economy Cavi sottomarini, Italia al bivio tra Telecom e colossi stranieri

Cavi sottomarini, Italia al bivio tra Telecom e colossi stranieri

Cavi sottomarini, Italia al bivio tra Telecom e colossi stranieri

Perché leggere questo articolo? quella dei cavi è la sfida geopolitica più importante nel campo tecnologico. E l’Italia ha due campioni nazionali, Prysmian e Sparkle. Su cui però incombe la proprietà straniera.

Nella geopolitica dei cavi sottomarini l’Italia è protagonista. E lo è con aziende, competenze tecniche e un consolidato know-how, ma anche in virtù del suo posizionamento strategico. Certificato, tra le altre cose, dal ruolo della Sicilia e del suo hub tecnologico-digitale come pivot degli scambi dati tra il mondo americano e il Grande Medio Oriente. I cavi sottomarini sono infrastrutture in fibra ottica o di stampo tradizionale con cui viene trasmesso il segnale su cui viaggiano i dati del traffico internet e telefonico intercontinentale. Sono i vettori della comunicazione digitale moderna e reti decisive per i collegamenti tra le maggiori economie del pianeta. Trasportano oltre il 95% dei dati scambiati tra Paesi diversi ogni giorno, dalle telefonate alle transazioni finanziarie.

Cavi e geopolitica, dall’Italia all’India

Al “Sicily Hub” si aggiungerà presto una nuova infrastruttura di valore sistemico: il cavo BlueMed da Genova a Mumbai, proposto da Google e realizzato dall’italiana Sparkle. L’infrastruttura che renderà la città ligure un nuovo snodo per il traffico tra Africa, Medio Oriente, Asia ed Europa contribuirà a far partecipare l’Italia alla rete di comunicazioni che giungono all’India via Israele.

Consolidando un grande “impero dei cavi” passante per Stati apprezzati nel campo occidentale e capace di mettere in sicurezza le comunicazioni della Nato e dei suoi alleati. Il sistema di riferimento complessivo sarà quello BlueRahman: Blue System collegherà Italia, Francia, Grecia e Israele; Raman System, invece, Giordania, Arabia Saudita, Gibuti, Oman e India

Il nodo della sicurezza e il duo dei giganti italiani

In quest’ottica, sicurezza tecnologica e sicurezza nazionale vanno di pari passo e Paesi come gli Stati Uniti puntano sull’Italia per grandi reti di cavi come il network da 5mila km che promuove Google. A posare il cavo di Google sarà l’italiana Sparkle, di proprietà del gruppo Telecom Italia, che eredita la tradizione della storica Italcable e della Stet della Tim, costruttrici di grandi reti di cavi sottomarini che collegavano l’Italia all’Africa e all’America Latina nella seconda metà del Novecento.

Sparkle si spartisce il duopolio dei cavi italiani con Prysmian, azienda operante nell’avanzamento tecnologico del settore delle Tlc di frontiera e nella trasmissione a lunghissima frequenza. Prysmian, basata a Milano, è parte del gruppo Pirelli. In quest’ottica, la centralità strategica è amplificata dal fatto che i cavi di Prysmian contribuiscono alla trasmissione dati e al passaggio dell’energia elettrica da fonti rinnovabili anche sul versante dei collegamenti Italia-Africa.

Chi controlla i campioni dei cavi?

Si va dunque sostanziando un piccolo “impero” euromediterraneo dei cavi che vede l’Italia, attraverso le sue propaggini mediterranee, attore chiave. Da un lato il legame con gli Stati Uniti, dall’altro il ruolo cruciale di snodo della Sicilia. Su un versante i legami con gli Stati alleati dell’Occidente, sull’altro la proiezione del Paese in nuovi mercati e punti di riferimento. Con un nodo, però, da risolvere: la proprietà ultima delle aziende che gestiscono queste tecnologie critiche. Pirelli, titolare del controllo su Prsymian, è a controllo cinese. E su Telecom Italia, guidata da capitali americani (Eliott) e francesi (Vivendi), è aperto un derby. Da un lato gli australiani di Maquaire, in asse con Cdp. Dall’altro il ritorno del “gigante nascosto” della finanza Usa, Kkr, desideroso di completare la scalata all’agognata Tim.

In quest’ottica, la tecnologia e il know-how italiani hanno la certezza di restare, in ultima istanza, a guida nazionale? Mai quanto oggi, in una fase in cui nei settori strategici il controllo di fatto passa per la proprietà degli asset, questa domanda è pertinente. E Roma deve sviluppare un serio discorso anche sul controllo dei “suoi” giganti dei cavi. Asset critici per l’attuale rivoluzione tecnologica che non si può lasciare in appalto esclusivo a potenze straniere. Amiche o nemiche che siano.