Home Pharma Vaccino. Le Regioni in ordine sparso, incognita Isf e tecnici degli ospedali

Vaccino. Le Regioni in ordine sparso, incognita Isf e tecnici degli ospedali

Vaccino. Le Regioni in ordine sparso, incognita Isf e tecnici degli ospedali

di Francesco Floris

Informatori scientifici del farmaco (ISF): per loro, grande è la confusione sotto il cielo della “fase 1” durante la campagna vaccinale anti-Covid italiana. Basta guardare i commenti sotto ai post di aziende sanitarie e Regioni che annunciano novità organizzative che li riguardano. “Come funziona?”; “Bisogna fare richiesta?”; “Notizie dalla Lombardia?”. Le aziende si dicono pronte “fin da subito” a “pianificare e organizzare le modalità operative della campagna vaccinale” insieme alle istituzioni. Le Regioni cominciano ad allinearsi ma, per ora, si muovono in ordine sparso e a macchia di leopardo. Regione Piemonte ha annunciato l’11 gennaio l’inserimento nelle liste prioritarie – con una manciata di Isf già vaccinati – come fa sapere Antonio Rinaudo, dell’Unità di Crisi per l’Emergenza Covid-19 all’interno del quale si esplicita la possibilità di avere un accesso prioritario al vaccino. Torino considera gli ISF soggetti ad elevata esposizione al virus a causa della natura delle attività svolte e caratterizzanti il ruolo. Lo stesso ha fatto il Friuli classificandoli nel sistema di prenotazione come “Operatori non sanitari privati” come da indicazione del Commissario Domenico Arcuri. Il Commissario della sanità calabrese, Guido Longo, garantisce priorità agli ISF operanti sul territorio regionale. Non ancora la Puglia, mentre in Umbria è in atto una discussione. Il consigliere regionale della Liguria, Claudio Muzio (Forza Italia – Liguria Popolare), ha chiesto di includere gli ISF già nella prima fascia con un ordine del giorno del 12 gennaio indirizzato alla giunta di Giovanni Toti. L’Assessorato alla Salute siciliano ha pubblicato un documento della Regione che estende le priorità vaccinali anche agli informatori, mente in Campania le ASL di Avellino e Salerno si sono mosse autonomamente pubblicando delle proprie linee guida dedicate. In Emilia-Romagna si attendono a breve le decisioni della giunta Bonaccini. In Lombardia? “Gli informatori scientifici vengono messi in coda dopo gli operatori sanitari” fa sapere a True Pharma il Covid-Manager della Regione, Giacomo Lucchini, responsabile della campagna vaccinale, specificando come “le somministrazioni per questi ultimi dovrebbero finire lunedì prossimo (18 gennaio, NdR)”.

Confindustria Dispositivi Medici ha scritto, attraverso il Presidente Massimiliano Boggetti, al Ministro della Salute Roberto Speranza e al Presidente della Conferenza Stato-Regioni, Stefano Bonaccini, nella speranza di esercitare una sorta di moral suasion sulla politica. L’associazione di categoria chiede l’inserimento al più presto, già in fase uno della campagna vaccinale, di quelle categorie di lavoratori che per tutti questi mesi “hanno assicurato l’attività di supporto tecnico scientifico al fianco dei medici nei reparti più esposti al contagio quali sale operatorie, terapia intensiva, rianimazione, radiologia e laboratorio analisi” e continuano a farlo. Le aziende si dicono pronte “fin da subito” a “pianificare e organizzare le modalità operative della campagna vaccinale” insieme alle istituzioni.

Molto diversa la situazione per gli “altri” lavoratori rispetto agli informatori farmaceutici: magazzini e logistica di farmaci e dispositivi, manutentori dei macchinari ospedalieri e tecnici. È difficile anche l’individuazione delle categorie da proteggere. Esistono ovviamente gli inquadramenti dei contratti collettivi nazionali ma che si sovrappongono a quelli di settori produttivi diversi da pharma e sanità. Per questo serve un lavoro certosino fra aziende, sindacati e istituzioni per individuare i soggetti che rispondono a questo requisito. Perché il rischio è che mentre si vaccinano gli operatori sanitari, il virus circoli liberamente, magari da soggetti inconsapevoli di esserne portatori, proprio negli snodi della filiera che più di tutte deve rimanere in piedi per garantire al meglio la salute pubblica. Per Confindustria DM non occorre solo garantire la sicurezza personale di questi lavoratori, ma anche evitare “il potenziale rischio di diffusione del virus che da essi può derivare per i soggetti con cui vengono a contatto”. Un’evidenza ormai ben documentata. Il virus viaggia con le persone e la geografia dei contagi e focolai durante le varie fasi della pandemia si è spesso sovrapposta con quella dei distretti logistici della penisola.