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Sgarbi contro Report nell’ultima puntata: insulti al giornalista

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Sgarbi contro Report: il sottosegretario alla Cultura riempi di offese ed insulti i giornalisti nell’ultima puntata del programma di Rai 3. Poi, il comunicato stampa pubblicato il giorno dopo dall’ufficio stampa dello stesso Sgarbi.

Sgarbi contro Report nell’ultima puntata

Vittorio Sgarbi si è scagliato contro i giornalisti di Report Manuele Bonaccorsi e del Fatto Quotidiano Thomas Mackinson sulla questione del quadro del pittore del Seicento Rutilio Manetti che risulta rubato. C’è  un’inchiesta penale condotta dalla Procura di Macerata nella quale Sgarbi è indagato per riciclaggio di beni culturali.

“Non rompa le palle a me – risponde il sottosegretario alla Cultura – Non rompa le palle a me, faccia di merda, si tolga dai coglioni”. “Lei non sa un cazzo ed è un totale ignorante. Non voglio parlare con lei perché ha una faccia di merda”. Gli insulti non finiscono: “Se lei muore in un incidente stradale io sono contento”. “È una trasmissione che quando la guardo mi viene il vomito, con quella faccia da Montanari di quello lì, non sapete un cazzo e siete ignoranti come delle capre”.

La reazione del sottosegretario alla Cultura

Dopo la messa in onda della puntata un lungo comunicato dell’ufficio stampa di Sgarbi viene pubblicato. “Sgarbi citerà in giudizio, con una richiesta di danni per 5 milioni di euro, la trasmissione della Rai «Report» e gli autori della finta inchiesta, Thomas Mackinson e Manuele Bonaccorsi, per la reiterata opera di diffamazione nei suoi confronti, basata su ipotesi menzognere relative al valore del dipinto. Le perizie, infatti, danno ragione a Sgarbi.

«Nessun critico – spiega lo storico e critico d’arte – lo ha mai pubblicato o attribuito al francese Valentin de Boulogne. La serie di menzogne e la finzione senza fondamento, contrastate anche dai risultati d’asta per dipinti analoghi e nelle valutazioni della fototeca Zeri, sono continuate nella puntata di domenica 28 gennaio con altre ricostruzioni infondate, gravemente lesive della mia immagine e contro la verità dei fatti.
La trasmissione, ancora una volta, con una narrazione dei fatti costruita su presupposti falsi, mi accusa di avere esportato illecitamente l’opera all’estero. L’unico valore accertato per il dipinto è inferiore a quello per cui è previsto il reato di illecita esportazione.
Io non ho, per l’evidenza delle testimonianze raccolte, mai avuto la proprietà di quel dipinto, unanimemente ritenuto non di Valentin de Boulogne.
L’opera citata da “Report” non è stata mai attribuita e mai notificata. Nessuno storico e critico d’arte l’ha attribuita a Valentin de Boulogne. Non solo. Sarebbe stata pagata appena 10 mila euro. Sulla base di queste evidenze tutte le indagini de “Il Fatto” e “Report” configurano una grave denigrazione.
Io non mai incontrato il venditore del quadro, ma ho semplicemente valutato la natura di copia, ignorando che essa appartenesse “a persone con disagi materiali o fisici” (inaccettabile insinuazione, quest’ultima, del signor Ranucci, a fianco di una valutazione assolutamente infondata.
Non è pensabile che il servizio pubblico agisca con un processo di diffamazione sistematica con il solo intento di denigrarmi, nell’ignoranza di quello di cui si parla.
Le indagini sul dipinto escludono che possa appartenere a Valentin de Boulogne e indicano che l’opera su cui si è costruita l’azione diffamatoria possa essere, invece, una vecchia tela con una pittura più recente. L’accertamento della vendita a 10 mila euro parla da solo. Il resto è fantasia di menti ignoranti e criminali»”.