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Rider in sciopero a Firenze dopo la morte di Sebastian Galassi: “Basta morire per una consegna”

Rider in sciopero a Firenze

Rider in sciopero a Firenze: dopo la morte di Sebastian Galassi in un incidente stradale durante una  consegna è scattata la protesta. In tanti si sono scesi piazza sostenuti dai sindacati ma anche dai cittadini che li hanno applauditi.

Rider in sciopero a Firenze dopo la morte di Sebastian Galassi

Dopo la morte del rider Sebastian Galassi in un incidente stradale a Firenze, è scattata la protesta da parte di molti suoi colleghi. Lo sciopero ha riguardato i rider fiorentini delle società aderenti ad Assodelivery (Glovo, Deliveroo, Uber) ma anche quelli inquadrati come dipendenti nel comparto logistica (Just Eat e Runner Pizza), in solidarietà con i colleghi.

“C’era bisogno di un momento di lutto e cordoglio – aggiunge Bernardo Marasco, della Cgil Firenze -, quanto successo è inaccettabile. Ringraziamo i tanti rider che hanno scioperato rischiando in proprio. Da Firenze il messaggio che parte oggi è forte: basta cottimo, basta morire per una consegna. Non si può andare avanti così. Chiediamo anche alla politica di fare la propria parte. La lotta non finisce qui”.

Il presidio: “Basta morire per una consegna”

La protesta ha visto un presidio di diversi rider. “Non possiamo più permettere che succeda quello che è capitato sabato a Sebastian. Gli algoritmi non devono controllare i lavoratori”. Il presidio di Firenze si è svolto in modo ordinato, unico momento di agitazione c’è stato quando una mezza dozzina di antagonisti hanno brevemente contestato prima il presidente della Toscana Eugenio Giani e poi il sindacato sulle politiche del lavoro. Emblematico è stato lo striscione: «La mia vita vale più di un panino».

“Oltre alle condizioni di scarsa sicurezza sul lavoro – sottolineano i sindacati di Filt, Filcams e Nidil – la precarietà di questi lavoratori e di queste lavoratrici, senza un vero contratto di lavoro, si manifesta anche relativamente alla continuità occupazionale. Le piattaforme si limitano ad un messaggio whatsapp o ad una mail per decidere e comunicare unilateralmente le sorti lavorative. La cosa è disumana in ogni caso ed in questa situazione, dopo la morte del giovane Sebastian Galassi, ancor più feroce. Ognuno, a partire dalle istituzioni, deve fare quanto possibile per scardinare questi insani presupposti e dare tutele e garanzie ai rider”.

 

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