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Falcone, Buscetta e le sigarette: che rapporto avevano?

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Giovanni Falcone, Tommaso Buscetta e le sigarette: che rapporto avevano? Fu una conversazione con il noto magistrato antimafia a convincere il boss palermitano a diventare il primo pentito e a collaborare con la giustizia. Come si conoscevano i due?

Falcone, Buscetta e le sigarette: che rapporto avevano?

Tommaso Buscetta, anche noto come il “Boss dei due mondi” o “Don Madino”, era un boss mafioso palermitano, ancora oggi considerato tra i più importanti pentiti di “Cosa Nostra”. La sua collaborazione con la giustizia fu strumentale per svelare informazioni sulla mafia e sul suo funzionamento. Buscetta, tuttavia, non avrebbe mai accettato di parlare se non fosse stato per l’intervento del giudice Giovanni Falcone, suo amico d’infanzia. I due, infatti, erano cresciuti insieme nello stesso quartiere di Kalsa, con Paolo Borsellino e il bulletto, poi anche lui boss mafioso Tommaso Spadaro. Cosa è successo tra i due? Partiamo dall’inizio.

Cosa è successo: la conversazione tra il giudice e il boss

Durante la seconda guerra di mafia, il clan dei Corleonesi, guidato da Totò Riina, lo vuole morto, in quanto molto legato alle famiglie rivali dei Badalamenti, Bontate e Inzerillo. In quel periodo, tuttavia, il Boss dei due mondi è in Brasile, irraggiungibile. Per questo Riina massacra invece la famiglia di Buscetta, ordinando l’omicidio di due dei suoi figli, un fratello, un genero, un cognato e quattro nipoti. Un furioso Buscetta viene poi arrestato ed estradato dalla polizia brasiliana prima che possa agire per vendicarsi.

Messo sotto torchio dagli inquirenti, si rifiuta di parlare. È qui che entra in scena Giovanni Falcone, che decide di incontrare di nuovo il suo vecchio compagno di giochi, dopo ben quarant’anni. Il giudice e il boss hanno una lunga conversazione, di cui ancora oggi non si sa nulla. Poi, Buscetta spiega a Falcone di aver finito le sigarette, e il giudice decide di lasciargli le sue. Un gesto importantissimo che colpisce il mafioso e lo convince a collaborare. Perché? Come Buscetta spiegherà poi nelle sue biografia, l’offerta del pacchetto iniziato di sigarette ha un enorme peso simbolico. Se Falcone gli avesse lasciato una stecca o dei pacchetti nuovi, il mafioso lo avrebbe interpretato come un’umiliazione. Ma il magistrato gli lascio le sue, gli offrì una sigaretta come si fa ad un amico.

Una dimostrazione di quanto profondamente Falcone fosse in grado di capire il modo di pensare dei membri di Cosa Nostra. Conosceva la mentalità mafiosa ed era capace di comprendere il loro linguaggio e il loro modo di agire.” -spiega il criminologo Vincenzo Musacchio, intervistato da Rai News– “Antonino Caponnetto mi raccontò un episodio nel quale da un semplice gesto o da un certo tipo di linguaggio usato, Falcone fu in grado di comprendere cosa un pentito volesse far capire pur non dicendolo esplicitamente. La sua grandezza, diceva sempre Caponnetto, era che anche da questi atteggiamenti apparentemente insignificanti riusciva a trovare spunti investigativi su cui lavorare e che alla fine portavano sempre a risultati concreti”.