Home Economy Varie&Eventuali: la rivincita del nucleare e il ‘new normal’ in casa Benetton

Varie&Eventuali: la rivincita del nucleare e il ‘new normal’ in casa Benetton

Varie&Eventuali: la rivincita del nucleare e il ‘new normal’ in casa Benetton

La rivincita del nucleare

La rivincita del nucleare è alle porte. I suoi detrattori l’avevano già sepolto quando, proprio l’Eni ha deciso di compiere un primo passo concreto verso l’avvio dell’industrializzazione del processo di fusione a confinamento magnetico, “lo stesso processo che sta alla base della generazione di energia nel Sole e nelle stelle”, scrive Il Sole 24 Ore. L’annuncio dei primi risultati su questo fronte arriva dagli Usa, dove Cfs (Commonwealth fusion system), spin off del Mit di cui Eni è principale azionista dal 2018, ha condotto il primo test al mondo del magnete con tecnologia superconduttiva Hts, creando le condizioni per confinare il plasma nei futuri reattori che saranno costruiti per produrre energia. Il cammino è ancora lungo: il primo impianto sperimentale vedrà la luce nel 2025 e solo nel 2031 la tecnologia sarà disponibile. Il test ha riguardato l’utilizzo di elettromagneti di nuova generazione per gestire e confinare il plasma, vale a dire, spiega il gruppo, la miscela di deuterio e trizio portata ad alte temperature da fasci di onde elettromagnetiche, dimostrando la possibilità di assicurare l’innesco e il controllo del processo di fusione. La tecnologia oggetto del test potrebbe contribuire a realizzare impianti più compatti, semplici e efficienti, portando a una riduzione dei costi di impianto, dell’energia di innesco e mantenimento del processo di fusione e della complessità generale dei sistemi, avvicinando la data alla quale sarà possibile costruire un impianto dimostrativo che produca più energia di quella necessaria a innescare la fusione.

Lavoro: il new normal in casa Benetton

Mentre per gli statali – ad opera del ministro Renato Brunetta – cala il de profundis per lo smart working, in casa Benetton si pensa ad un nuovo modello: il new normal caratterizzato da una flessibilità che guarda con attenzione all’equilibrio tra vita e lavoro e alla famiglia. Il part time, sia orizzontale, sia verticale, sia misto, potrà essere esteso fino al 20% delle persone. Lo smart working, che negli ultimi mesi è stata la modalità di lavoro di mille dei 1.200 addetti del gruppo in Italia, viene reso strutturale. Ma tutelando i tempi di riposo e disconnessione dai dispositivi e facendo un’attenta pianificazione di riunioni e appuntamenti di lavoro. Per migliorare gli equilibri vita lavoro è stato inoltre introdotto, sia per chi lavora in presenza che da remoto, il “venerdì breve”, con l’orario che termina un’ora prima. Tutto questo è stato scritto nell’accordo sul contratto integrativo che il gruppo ha siglato con Femca, Filctem e Uiltec, con l’assistenza di Assindustria Veneto Centro.

La Banca centrale dell’Afghanistan (no, non è il ‘bazooka’ di Draghi)

Haji Mohammad Idris è nuovo governatore della Banca centrale d’Afghanistan, che al momento più che congelata sembra vuota. Il suo curriculum – che non può vantare gli strali della Cia – sembra avere tutti i requisiti del caso: età imprecisata, cognome incerto. Dovrà trattare temi delicatissimi, perché la liquidità per i talebani è una grana molto più grossa dei ribelli del Panjshir, tra bancomat che finiscono i contanti e prezzi dei beni essenziali che schizzano alle stelle, ma non ha studiato ad Harvard come il suo predecessore, messo lì dagli americani. Non ha studiato neanche finanza ed economia, sebbene per 20 anni abbia presieduto la commissione economia dei talebani. E, sorpresa delle sorprese, non è neanche un fine esegeta del Corano: sta lì da 20 anni perché, a quanto dicono, sa essere una persona concreta. Pare che il ruolo della sua commissione consistesse nel «tassare» illegalmente imprenditori e contadini che si imbattevano nei talebani, per finanziare le attività politiche e militari del gruppo. Perché i talebani, pur volendo le donne sempre castigate, conservano un’antica passione per il pizzo.

Calzature, l’Italia torna a volare? (Ma meglio restare con i piedi per terra)

L’economia va e la vocazione a “fare le scarpe” degli italiani è ancora molto solida. Il calzaturiero infatti afferra la ripresa e i dati tornano positivi. Il quadro d’insieme del comparto è stato illustrato in occasione della presentazione della novantaduesima edizione di Micam Milano, il salone internazionale promosso da Assocalzaturifici e leader mondiale del settore calzaturiero in programma dal 19 al 21 settembre 2021 in presenza a Fiera Milano (Rho). “Questa edizione di Micam, che si svolgerà in presenza e in assoluta sicurezza, segnerà la ripartenza per un comparto produttivo determinante per il made in Italy e l’economia del nostro Paese – ha detto Siro Badon presidente di Assocalzaturifici e Micam Milano – e gli ultimi dati ci confortano: anche nel secondo trimestre potrebbe emergere un forte recupero nei principali indicatori dopo l’impennata già registrata a marzo. Il Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici mostrano incrementi a doppia cifra sull’anno precedente del settore: aumentano sia la produzione industriale (+13%) che il fatturato (+22%), oltre alla spesa delle famiglie italiane (+17,4%); fa ben sperare l’export (+31,5% in valore).

L’artigiano cambia pelle

I numeri tengono ma l’artigiano inizia a cambiare pelle. “Vediamo parrucchieri che cercano alleanze con l’estetista, il tatuatore col piercer, il maker col designer e il proprietario di torni”, spiega Marco Accornero, segretario generale dell’Unione Artigiani. “Intese che consentono a tanti artigiani di offrire più servizi e prodotti, sviluppando sinergie e nuove competenze”.   per potersi concentrare pienamente sul loro core-business”. Una trasformazione destinata ad incidere sul tessuto delle città, a partire dal boom dei corrieri. In un solo anno le imprese del settore sono cresciute del 31%. I dati dell’ultimo semestre relativi alle aziende artigiane attive a Milano (città tra le più dinamiche) rilevano ancora una volta una cifra che sfiora quota 27mila: precisamente 26.808. Erano 26.652 a fine giugno 2020 e 26.763 nello stesso periodo del 2019. In sostanza chi è riuscito a stringere i denti, agganciandosi a tutti gli aiuti di Governo, Regione e Comune, ha passato la fase più dura ed è ripartito. Dentro gli stessi numeri iniziano a leggersi i segnali di una trasformazione nel tessuto artigiano cittadino e i loro riflessi lungo le strade della città. In un anno, le attività dedicate alle consegne del commercio on line sono esplose con un + 31%, trainando anche tutta la filiera di vendita di mezzi, ricambi e riparazioni.