Home Economy ESG, è già finita la (breve) stagione del capitalismo Woke?

ESG, è già finita la (breve) stagione del capitalismo Woke?

ESG, è già finita la (breve) stagione del capitalismo Woke?

Perchè questo articolo dovrebbe interessarti? Dopo anni di impegno ed investimenti seguendo il mantra “Environmental, Social, Governance”, fondi ed istituti bancari negli Stati Uniti stanno facendo un rapido dietrofront. I fondi ESG rendono meno di un tempo. Con tanti saluti alla lotta al cambiamento climatico ed al woke capitalism…

E’ finita l’epoca d’oro degli investimenti ESG? Il mantra delle aziende occidentali negli ultimi anni è stato “Environmental, Social, Governance”. Ovvero una sempre maggiore attenzione a fattori di tipo ambientale, sociale e di governo societario nel qualificare l’attività delle imprese. E restituire una dimensione non solo economica del loro valore. Come spiega un vademecum di Banca d’Italia, “nelle decisioni di investimento tenere in considerazione fattori ESG significa indirizzare capitali, i propri risparmi, verso imprese e progetti considerati sostenibili cioè, ad esempio, che rispettano l’ambiente, sono attente all’inclusione e al benessere dei lavoratori, favoriscono le presenza di donne negli organi di amministrazione”.

Finanza sostenibile, dunque. Woke capitalism, la definiscono i detrattori. Che staranno ora cogliendo con soddisfazione i segnali inequivocabili che stanno giungendo in particolare dagli Stati Uniti.

ESG: una parola ormai da evitare

“The Latest Dirty Word in Corporate America: ESG, titola tranchant ieri il Wall Street Journal. ESG è divenuto un termine da evitare accuratamente. E l’articolo sottolinea come ormai molti leader di impresa preferiscano evitare l’uso dell’acronimo nel raccontare le proprie iniziative, preferendo perifrasi come “business responsabile”. Fa eco un altro pezzo del Financial Times che registra gli smottamenti in corso in quello che negli anni recenti era stato il fertile mercato finanziario dei fondi ESG. Che si stanno rapidamente estinguendo. Con sottili attività di “rebranding” per occultare l’ormai scomodo acronimo. Come fatto ad esempio da Morgan Stanley e Ubs con alcuni loro fondi.

Cosa spaventa investitori, banche, gestori patrimoniali

Il vento contrario agli investimenti ESG spira da più direzioni. E incide anche il contesto socio-politico. Le aperte critiche dei Repubblicani. Ma anche il maggiore controllo delle dichiarazioni di sostenibilità da parte delle aziende e dei gestori patrimoniali, che hanno fatto esitare molti investitori. Si aggiungano i timori espressi da alcune delle maggiori istituzioni bancarie come Goldman Sachs per l’aumento dei requisiti patrimoniali richiesti alle banche commerciali dalle norme Basilea 3 aggiornate a luglio, come riportato da Bloomberg. La nuova regolamentazione porta il rischio di capitale in eccesso a cifre da capogiro. Quaranta miliardi di dollari per JPMorgan Chase, 31 per Bankof america, 12 per Morgan Stanley, 4 per State Street. Due dollari in più per ogni 100 dollari di attività ponderate per il rischio.

Alla levata di scudi delle banche ha risposto Odile Renaud-Basso, presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo: “Basilea 3 rappresenta una buona scusa per le banche globali per allontanarsi dai finanziamenti per il clima. Ma forse ci sono alcuni elementi che dobbiamo esaminare perché il rischio dei mercati emergenti è visto come variabile e l’approccio non è molto favorevole al collocamento”.

Gli ESG non rendono più come prima: il dietrofront di BlackRock e altri

Ma il fatto è che i fondi di investimento ESG rendono meno di un tempo. Si parla di numeri. E di leggi di mercato inesorabili. Uno studio di Alvarez & Marsal, riportato da Bloomberg, sostiene che le campagne ESG nel 2023 sono state decisamente meno redditizie rispetto ad altre, ad esempio nel campo delle società in ristrutturazione. In quest’ultimo il ritorno è stato del 9,4% superiore rispetto alla media del mercato negli ultimi sei anni. Gli investimenti ESG hanno fruttato invece appena uno 0,2% in più rispetto alla media. Da qui, la fuga degli investitori. Che – non è superfluo ricordarlo – ha conseguenze concrete anche nel mondo reale. Non solo perchè comporta un allentamento dello sforzo nei confronti della lotta climatica. Ma anche perchè mette in gioco le carriere di molti lavoratori.

BlackRock, la più grande società di investimenti al mondo, ha annunciato il licenziamento di circa 600 dipendenti. Soprattutto nel settore ESG. E dire che il CEO Larry Fink, nella sua lettera annuale agli azionisti nel 2020, definiva il contenimento del cambiamento climatico “l’opportunità di investimento della sua vita”. Nonchè quella che avrebbe fornito rendimenti migliori nel tempo. E invece…

In Europa gli ESG sembrano tenere. Per ora…

Questa l’aria che tira oltreoceano. Nel vecchio continente, va detto, gli ESG sembrano tenere ancora, come certificato dall’Asset Managers and Climate Change 2023 di FinanceMap. Il trend generale è chiaro: 45 dei più grandi gestori patrimoniali del mondo non compiono dal 2021 progressi significativi sugli obiettivi climatici. A deludere sono in particolare società e fondi Usa e giapponesi come BlackRock, Fidelity, State Street e Vanguard, Mitsubishi UFJ Financial Group, Sumitomo Mitsui Financial Group, Daiwa Securities e BNY Mellon.

A fare da contraltare sono invece realtà europee come Natixis, Schroders Asset Management e BNP Paribas Asset Management. L’Europa ci crede ancora o l’influenza statunitense porterà anche qui presto ad un disamoramento nei confronti degli ideali che sembravano essere riusciti negli ultimi anni a fare breccia anche nel mondo della finanza?