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Il primo sindacato per smart workers d’Italia

Il primo sindacato per smart workers d’Italia

L’idea è nata prima della pandemia. Da tempo Gilberto Gini, responsabile nazionale di Smart Workers Union, voleva portare anche in Italia una certa “mentalità”, come la chiama lui, tipica del lavoratore remoto. Il Covid ha accelerato i tempi, com’è noto, portando alla creazione del sindacato, che tra poco compierà il primo anno di vita.

Smart Workers Union è un sindacato atipico. Assieme alla tradizionale tutela del lavoratore, infatti, vuole portare avanti anche un lavoro di divulgazione e aggiornamento. Punta ad arrivare a tutti, dipendenti e non, pubblici e privati, perché lo smart working è “un cambiamento di paradigma che ha ripercussioni sull’ambiente, il benessere, la qualità stessa del lavoro”. La realtà dei fatti, secondo Gini, è che in futuro non ci sarà tanto lavoro per tutti. Digitalizzazione e automazione ridurranno il carico globale e ciò porterà a una riduzione degli orari, oltre che a misure come l’universal basic income. L’uomo “dovrà occuparsi d’altro, sfruttare le macchine e il digitale” per liberarsi dal lavoro.

L’ibrido non è la soluzione

La transizione non sarà semplice. “Oggi viene proposto il formato di lavoro ibrido ma a giorni fissi e alterni, decisi a priori”, spiega il responsabile. “Non è questa la soluzione, è un contentino per i sindacati”. La vera risposta dev’essere flessibilità, una trasformazione profonda della società, con l’inevitabile fine (parziale) del pendolarismo e dei movimenti fisici di persone. Quello che molti lavoratori stanno vivendo in questo momento è home working: non smart working. Non basta lavorare da casa per aver compiuto la rivoluzione che sarà resa necessaria nei prossimi anni.

Ci vorrà del tempo, quindi. E l’Union è per ora soddisfatta dei suoi primi passi. “Molta attenzione da parte dei lavoratori ma anche dei media e della politica”, prosegue Gini. A mostrare diffidenza sono proprio i sindacati tradizionali, forse confusi da un sindacato che non vuole avere sedi fisiche e punta anzi tutto sulle piattaforme online. Non il Rousseau dei grillini, ma una piattaforma trasparente e anonima, in cui dibattere e mettere ai voti le mozioni.

Solo l’inizio

Nei prossimi mesi Smart Workers Union aprirà le iscrizioni. Ci si potrà registrare come semplice “lavoratore” (per avere le tutele tradizionali) ma anche come “sostenitore”, una figura attiva che aiuterà la sigla a promuovere questa nuova forma di lavoro. Che, alla fine, è una vera e propria idea alternativa di società.

Se il primo anno è stato un test, è stato superato con successo. “La vera sfida saranno le piccole-medie imprese”, dove c’è ancora un’idea di controllo vecchio stile che mal si sposa con il vero smart working.