La pandemia, che ha sconvolto gli equilibri delle più consolidate società contemporanee, potrebbe avere effetti ancor più roboanti sulle principali economie in via di sviluppo del pianeta.

L’ondata Covid-19 su quattro paesi Brics
Influenza cinese prima, poi le varianti sudafricana, brasiliana e infine indiana: il Covid-19 sembra essersi accanito su quattro dei cinque BRICS. Dietro all’acronimo, coniato dagli economisti di inizio millennio, ci sono le iniziali di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.
La struttura commerciale, incentrata su una serie di accordi bilaterali ma dalla proiezione globale per i tassi di crescita demografica ed economica, aveva fatto pensare a una possibile alternativa al sistema basato sul dollaro. Un’analisi più dettagliata mostrava però segnali di incrinature interne ai paesi -e di conseguenza al consorzio- già prima della pandemia.
La crisi politica in Brasile e quella sociale in Sud Africa hanno costretto i due paesi ad alzare per primi bandiera bianca nella competizione per emergere.
Con buona probabilità il virus potrebbe aver agito da acceleratore di dinamiche economiche di lungo corso e fino ad ora apparentemente impercettibili che stanno cambiando le fondamenta dei due colossi asiatici.
Paesi Brics, l’incognita India di Modi
Dal 2000 l’India ha dato l’impressione di aver sperperato gran parte del proprio potenziale, restando inchiodata ai blocchi di partenza. L’Elefante indiano avrebbe potuto seguire il modello cinese, imitando il Dragone per diventare una mecca di business e grandi affari, con il vantaggio competitivo di essere un regime democratico.
Le politiche di autosufficienza nazionale, promosse da Modi sull’onda del dilagante nazionalismo anti-cinese, hanno peggiorato la dipendenza del paese nei confronti dei prodotti made in Cina. Ecco che per il figlio del venditore di tè divenuto premier nel 2014 e rieletto in pompa magna due anni fa, arriva il momento della resa dei conti con l’ingombrante vicino.
Durante i cinque anni del primo governo Modi, 7% di crescita annuale aveva portato più volte l’economia indiana a strappare alla rallentante Cina la maglia di economia a maggior crescita al mondo.
Un annoso problema che da sempre martoria la società indiana è la disuguaglianza, che inficia pesantemente anche l’economia del paese. La concentrazione della ricchezza impedisce la creazione di un sistema economico competitivo ed efficiente e il modello produttivo del paese rimane confusionario.
India nuovo hub della manifattura mondiale?
Così a marzo, nella calma apparente prima del proliferare della variante indiana, il premier aveva annunciato il Production-linked incentive, un piano di investimenti per il settore manifatturiero da 520 miliardi di dollari, con cui Modi punta a far salire in cinque anni l’India sul trono che la Cina è in procinto di abdicare, quello di “fabbrica del mondo”.
In 30 anni il paese dovrebbe crescere di 300 milioni di abitanti, raggiungendo quota 1.7 miliardi di anime e staccando ampiamente proprio la Cina, attualmente il paese più popoloso del mondo con 20 milioni di abitanti in più del miliardo e 366 milioni di indiani. La sfida indiana consisterà nel fornire un adeguato standard di vita a quante più persone possibili, cercando al contempo di creare una solida classe media da posizionare al centro del percorso di crescita nazionale.