Il caso Garlasco si riaccende: le ultime rivelazioni sull’analisi del Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi riportano al centro dell’inchiesta Andrea Sempio. Un colpo di scena che arriva dopo quasi due decenni, rimettendo in moto la macchina della giustizia — una macchina, è il caso di dire, troppo grande per essere fermata senza qualche deragliamento.
Secondo la genetista Denise Albani, la traccia genetica individuata sotto le unghie della vittima è “compatibile con la linea maschile della famiglia Sempio”, ma si tratta di un “aplotipo parziale misto, degradato e di bassa intensità”. “Non potrò mai dire, e ci tengo a sottolinearlo, che quel profilo è di Tizio, perché è proprio concettualmente sbagliato essendo un aplotipo”, ha spiegato la Albani nell’udienza del 26 settembre. Tradotto: la scienza dice sì alla compatibilità familiare, ma non può accusare una singola persona.
La consulente ha sottolineato come la traccia fosse già precedentemente definita un “dato oggettivo” in quanto “aplotipo parziale misto non consolidato”. La sostanza? Una corrispondenza parziale, che se ripetuta — e qui sta la chiave — non dà sempre lo stesso risultato. Un esempio perfetto di spirale difficile da spezzare: quando la scienza forense si trova davanti un dato “critico e non consolidato” (non ripetibile, misto e degradato), le certezze diventano rari miraggi.
Per le valutazioni statistiche sono stati utilizzati database di oltre 39mila aplotipi occidentali, una torta enorme su cui però la fetta “Sempio” non è un’esclusiva. Il database specifico italiano, infatti, è considerato dagli esperti troppo ristretto (solo 5.638 profili) per un confronto affidabile su scala nazionale, così il calcolo è stato ampiato alla metapopolazione europea. In parole semplici, il dato biostatistico conferma che «è più probabile che le tracce siano state generate da Sempio e da un secondo soggetto di sesso maschile sconosciuto, che non da altri due soggetti ignoti senza legami o correlazioni con Sempio». Wetriam bene: si parla di probabilità, non di identità certa.
Sempio: “Sono innocente e amareggiato”
Nel vortice delle indiscrezioni, Andrea Sempio rompe il silenzio: “Sono innocente, amareggiato da indiscrezioni”. Il pool difensivo, rappresentato dagli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Taccia con i consulenti Marina Baldi e Armando Palmegiani, sottolinea che “non è una comparazione individualizzante” e ribadisce come il Dna sia misto. “Se venisse confermato che l’autore dell’omicidio è uno non avrebbe già per questo valore probatorio”, è la convinzione riportata.
Netta, e quasi lapidaria, la posizione dei consulenti della famiglia Poggi. “Non è un dato scientifico attendibile, dati nulli” — è la sentenza. Per i legali delle vittima il risultato “non sposta nulla” rispetto al processo d’appello bis che portò alla condanna di Alberto Stasi. Ogni margine per valutazioni biostatistiche, ribadiscono, viene meno quando si parla di dati “parziali, misti e non consolidati”, ricavati da materiali “troppo degradati e quantitativamente limitati”.
Il materiale analizzato — ricordano i tecnici — fu prelevato nel 2007, lavorato nel 2014, esaurito in tre estrazioni, ognuna delle quali restituì un profilo maschile discordante. Un “perfetto capro espiatorio” non si trova mai in questi casi, specie quando il margine d’errore scientifico resta troppo ampio. E così, dopo tanto clamore, si torna al punto di partenza: nessun elemento di certezza, molti dubbi, e una famiglia che attende ancora parole definitive.
Adesso la partita si gioca sulle osservazioni scritte che le parti presenteranno prima dell’udienza del 18 dicembre. Per la perita Albani, la relazione finale arriverà entro il 5 dicembre. Resta aperta la domanda che da anni anima la cronaca: si riuscirà mai a trovare un responso definitivo in questa guerra di informazioni e pareri contrastanti? Andiamo bene…
