Gemelle Kessler, la controversa scelta di scegliere di andarsene insieme e l’eredità

La cronaca nera nei suoi episodi più emblematici spesso si trasforma in una lente impietosa sulle pieghe della società, svelando retroscena che la narrazione pubblica preferirebbe forse lasciare in ombra. Il caso delle gemelle Kessler va oltre la semplice notizia di una morte: è il racconto di una scelta che spiazza, di un cammino condiviso fino all’estrema conclusione. Alice ed Ellen, nate nel 1936 in Sassonia e consacrate alla storia del varietà – “una sola anima in due corpi”, come le dipinge chi ha attraversato la loro biografia –, hanno deciso insieme di ricorrere al suicidio assistito, spegnendo i riflettori sulla loro lunga carriera e sulla loro esistenza in modo tanto teatrale quanto chirurgico. Una decisione che, tra le righe, interroga non solo le maglie della legge tedesca, ma anche la stessa rappresentazione del fine vita.

“Il medico prepara l’infusione, ma è il paziente che deve girare la valvola”

Stando alle fonti ufficiali, non c’è stato nulla di improvvisato. Wega Wetzel, portavoce della “Deutsche Gesellschaft fuer humanes Sterben” (Dghs), ha ricostruito una pianificazione che definire minuziosa è dir poco: “Avevano fatto la domanda anni fa”, spiega Wetzel, sottolineando come il desiderio fosse chiaro e irremovibile: “Volevano morire insieme”. Nessuna data simbolica, solo il rigoroso — e a modo suo spietato — calendario della burocrazia tedesca, con tutte le sue tappe di controllo clinico e legale. Un medico ha provveduto a escludere patologie psichiatriche; un legale ha garantito la maturità e la libertà della scelta. “È il medico a preparare l’infusione, ma deve essere rigorosamente il paziente a girare la valvola perché le venga iniettata“, chiarisce la portavoce. Persino una prova generale, con una soluzione salina, è stata effettuata per testare il meccanismo. L’ultimo atto, quindi, si è consumato nella loro casa di Monaco, con la presenza dei sanitari e del legale. Dopo l’ennesima verifica, solo allora le gemelle hanno potuto girare la valvola: “La morte in questi casi avviene subito per arresto cardiaco”.

Una vita (e una morte) in simmetria

Simili in tutto (dalla fuga in gioventù dalla Germania Est alla simmetria dei passi di danza), le Kessler non hanno lasciato al caso neanche il commiato definitivo. “Nell’aprile del 2024 le Kessler espressero in un’intervista proprio alla Bild il desiderio di essere un giorno sepolte entrambe nella stessa urna. Volevano riposare insieme alle ceneri della madre Elsa e del loro cane Yello. ‘È ciò che abbiamo stabilito nel nostro testamento’, spiegò all’epoca Ellen.” Tutto, nella parabola dell’esistenza di queste due donne, rientra ossessivamente nello «stare insieme»: dai successi in Rai e nei varietà (“Da-da-un-pa” è ancora oggi un evergreen) alle scelte di vita (e di astensione sentimentale, con relazioni attribuite mai ufficialmente concluse) fino alla condivisione della morte.

In Germania, il suicidio assistito è legale, ma la polizia di Monaco – come da prassi – ha aperto un’indagine. Un portavoce si limita a dichiarare: “Si sta attualmente indagando sulla causa della morte”, aggiungendo che non possono essere forniti ulteriori dettagli. La realtà, dietro la retorica degli atti dovuti, è che la morte delle gemelle difficilmente lascerà spazio a dubbi.

Un’ultima (generosa) eredità: la scelta di Medici Senza Frontiere

Non poteva mancare un lascito che, con amara coerenza, completa la saga delle Kessler. “Non abbiamo più parenti e se li abbiamo non li conosciamo. Abbiamo scelto (Medici Senza Frontiere) perché rischiano la vita per gli altri, hanno preso il Nobel per la Pace e sono seri“, così spiegavano le gemelle la loro scelta di destinare il proprio patrimonio all’organizzazione umanitaria. Pare che qualche altra associazione benefica possa essere stata inclusa nel testamento.

La vicenda delle Kessler in Germania – come sottolinea la portavoce della Dghs – “magari farà capire a molti che non è necessario andare in Svizzera, che si può morire con dignità anche in Germania”. Eppure, una sottile ironia ammanta la vicenda: le gemelle, regine delle audaci sigle televisive anni Sessanta (“La notte è piccola per noi, troppo piccolina”), hanno scelto il massimo della regia anche nell’ultimo atto, con tempi precisi e luci soffuse. Resterà nelle cronche non solo il mistero di gambe chilometriche, ma forse più ancora la destinazione di ricchezze che – come da testamento – saranno liquidate in nome della “serietà” più che della continuità di sangue. Forse, alla fine, il vero ballo delle Kessler è stato proprio questo: un’uscita di scena speculare, scelta e mai subìta.