Home Politics Marco Damilano preoccupato: ci sarà ancora spazio per il suo ego in Rai?

Marco Damilano preoccupato: ci sarà ancora spazio per il suo ego in Rai?

Marco Damilano

Marco Damilano è preoccupatissimo, trafelato. Ai microfoni del recentemente scomparso Che Tempo Che Fa, ha voluto puntualizzare come il vento di cambiamento che starebbe soffiando in Rai rischi di fare grossi danni ai telespettatori del Servizio Pubblico. Per esempio, magari finisce che lo vedranno più di rado in tv. Davanti a Fabio Fazio, il wannabe Fazietto ha lasciato intendere quanto lo preoccupi il futuro dell’informazione presso Mamma Rai. Scomoda perfino la Turchia, Marco Damilano, in una invettiva a mezza bocca in cui presagisce tempi duri, durissimi per il giornalismo “schiena dritta” in tv. Tutto giusto, a detta di molti, se non fosse che arrivi da un ambasciatore discutibile. A Propaganda, show politico di La7 di cui è ideatore e prezzemolino, nel nemmeno troppo lontano 2020 perfino Zoro sfotteva la tendenza al presenzialismo ossessivo compulsivo di Damilano. Presenzialismo che, i più maligni, dicono abbia inficiato le vendite de L’Espresso, nel quinquennio in cui ne è stato direttore. All’epoca, si vede, del pubblico e dell’informazione gli importava meno. Schermo, schermo delle mie brame…

Marco Damilano: schermo, schermo delle mie brame…

Marco Damilano è stato direttore de L’Espresso dal 2017 fino a marzo 2022. Quattro anni e mezzo in totale, lasso di tempo in cui i suoi interventi in tv si sono esponenzialmente moltiplicati. Tanto che lo stesso Zoro decise di farne una “video-compilation”, a mò di sfottò. In modo inversamente proporzionale alla sovraesposizione mediatica del direttore, le vendite de L’Espresso cadevano in picchiata. Marco Damilano ne prese la redini quando il giornale era in ottima salute, anzi, in crescita: da 203mila copie a 269mila in un solo anno, tra il 2016 e il 2017). Poi, il crollo. Sotto la sua giurisdizione, si scese sotto le 175mila e il dato fu destinato a scavare sempre più in basso con Damilano argano a motore ex machina. Rispetto a Daniela Hamaui, che nel 2007 aveva portato L’Espresso a un picco di vendite mai più raggiunto, una curiosa coincidenza: nessuno o quasi poteva dire che faccia avesse la direttrice. La medesima compulsione per l’opinionismo tv prezzemolesco si collega alla decrescita di altre testate. Così, Concita De Gregorio avrebbe falcidiato L’Unità, insieme a Piero Sansonetti. In effetti, se mi racconti in tv notizie e linea editoriale la sera prima, perché dovrei comprare il tuo giornale la mattina dopo? Scrupolo che di certo Damilano, colui che oggi piange per il pubblico Rai, non si è minimamente posto mentre era al timone de L’Espresso. Oggi, invece, sì. Come mai?

Marco Damilano: il Servizio Pubblico ha il dovere di mostrare… lui

Nella recente intervista durante l’ultima puntata di Che Tempo Che Fa, Marco Damilano ha rilasciato dichiarazioni coraggiose, importantissime: “Il pubblico che paga il canone avrebbe diritto a vedere delle figure di riferimento”. Come per esempio Fabio Fazio, sottindeva. E, forse, non solo. Attualmente è conduttore de Il Cavallo e La Torre, in onda da lunedì a venerdì alle 20.40 su Rai 3 per dieci irrinunciabili minuti. Per il futuro, però, comincia a vedere nero. “I nuovi dirigenti sono stati appena nominati, aspetto di incontrarli. Ma temo che ci si stia dimenticando completamente delle persone di cui parliamo nelle nostre trasmissioni e sui giornali. La differenza tra Italia e Turchia, per esempio, è che qui da noi il potere del governo pro tempore, che sia del Pd, 5 stelle o centrodestra, quando è in carica non vuole far vedere delle cose che sono i giornalisti a far vedere. In questo il Servizio Pubblico ha un dovere in più e non in meno: far vedere le cose“. E le persone che fanno vedere le cose, ovvio. Tipo la loro faccia, nonostante tutto. Come Marco Damilano che sta preparando il terreno per ergersi a vittima epurata, quando a rimetterci sul serio, nel caso, sarà soltanto la sua stessa compulsione per l'”opinonismo” da piccolo schermo. L’ennesimo ego (ri)ferito, anzi no, preoccupatissimo. Pardon.