Home Primo Piano Fabio Fazio fuori dalla Rai? Ok, ma ora non facciamone un giornalista scomodo

Fabio Fazio fuori dalla Rai? Ok, ma ora non facciamone un giornalista scomodo

Fabio Fazio fuori dalla Rai? Ok, ma ora non facciamone un giornalista scomodo

Fabio Fazio lascia la Rai? Per quanto manchi ancora la comunicazione ufficiale, sul web e non solo il rumor si rincorre da troppo tempo perché non ci sia nulla di vero. Il contratto del conduttore di Che Tempo Che Fa è in scadenza e si mormora che non sarà rinnovato. Il nostro, però, non rimarrà senza impiego. Le porte del canale 9, che già hanno dato asilo a Maurizio Crozza, sono apertissime per lui che sembra aver fatto già più di un pensiero verso l’approdo in quel di Discovery. Al suo posto, su Rai 3, forse vedremo Massimo Giletti, scappato via da La 7 in fretta e furia qualche settimana fa. Dalla sera alla mattina, l’editore Cairo ha infatti annunciato che il talk Non è l’Arena non sarebbe più andato in onda. Con buona pace di tutte le persone che ci lavoravano. I motivi sono tuttora avvolti nella nebbia, ma è comune pensiero che Giletti abbia accettato, sottobanco, di tornare in Rai nel giro di una telefonata. Si paventano scenari politici dietro a questi cambi di guardia tv. E non c’è dubbio che ci siano. Il rischio, però, resta quello di far passare Fabio Fazio, la quintessenza della passività, come un santo martire del giornalismo scomodo. Uno a cui è stata fatta saltare la mediatica testa in quanto troppo sul pezzo e perciò potenziale pericolo per i poteri forti. Non scherziamo, per cortesia. 

Fabio Fazio è un tailleur: sempre in voga perché non va di moda mai

Fabio Fazio, esistono in tutto lo Stivale dei suoi “fan”? Qualcuno che, nel weekend, non si perde una puntata di Che Tempo Che Fa per vedere in azione la sua stretta al timone, la sua dirompente personalità? Ne dubitiamo. Fortemente. Se è vero che il nostro sia in grado di assemblare, con ingegno, tavoli di amici più o meno famosi che fanno lo show per lui, nelle interviste ha il piglio indagatore di una platessa in hangover. Lo ha sempre avuto. È il suo orgoglioso marchio di fabbrica. E proprio per questo non sposta, non dà fastidio, nemmeno lo si nota. Se qualche dichiarazione viene ripresa dalla stampa, è solo in virtù di una eventuale strabordante generosità dell’ospite di turno. Quando arriva un attore internazionale, Fabio Fazio graffia incalzandolo con domande sulla mamma e sulla pizza. Se gli capita uno scrittore, il massimo del piglio giornalistico è chiedergli: “Il tuo libro è molto bello, vero?”. Lo stesso vale per politici, virologi, personaggi di spicco. Ha gli ospiti, mai le domande. Il tutto permeato da un buonismo democristiano da latte alle ginocchia, da assopimento. Se fossimo all’interno di un armadio, Fabio Fazio sarebbe un tailleur: nessuno lo nota né lo desidera in modo particolare, ma supera le mode e i decenni proprio perché non spicca. Anzi, torna perfino utile nelle occasioni più noiose (colloqui di lavoro, funerali et similia). Fabio Fazio come il “Funkytarro” cantato dagli Articolo 31 negli anni Novanta: “è sempre in voga perché non è di moda mai”. 

 

Fabio Fazio santo martire non ce lo meritavamo

Qualche anno fa, Fabio Fazio si era lanciato nell’utilizzo di un’espressione quasi colorita. “Mi sono rotto le palle”, aveva infatti proferito in risposta ai tanti che da sempre lo accusano di eccessivo buonismo. “Non sono un professionista dell’aggressività”, ribatteva in una delle pochissime interviste concesse in carriera, al Corriere della Sera. Poi via di narrazione à-la Giovanna D’Arco. Se è vero che, nel tempo, non si è attirato le simpatie di Salvini e relativo fan club, lamentava una certa disaffezione al proprio indirizzo anche dal fronte dei “compagni”: “Se fossi davvero assimilato a sinistra, ogni volta la sinistra dovrebbe difendermi dagli attacchi. Invece, silenzio. Evidentemente non sono uno inquadrabile, sono un bersaglio facile perché non ho etichette”. Politicamente fluido, Fabio Fazio non si è mai realmente schierato se non imponendo i suoi tradizionali e affettuosi rimbrotti alla “scheggia impazzita” Luciana Littizzetto, sua sodale nell’eterna messa cantata che sono i programmi da lui congegnati. Un equilibrio perfetto tra il nulla e il niente che ora, con l’esilio dalla Rai, rischia pure di passare per eroico. Contiamo sul buonsenso del telespettatore medio. Che, di certo, incoronerà Fabio Fazio a Santo Martire filibustiere. Eccolo qui, il wrestler dell’informazione che ci meritiamo. Che mestizia.