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Serie A, ecco quanto guadagnano gli arbitri

Italia macedonia arbitro (foto Twitter)

Non sono professionisti, ma il loro è un lavoro a tempo pieno. Precario, visto che ogni anno c’è chi viene fermato e mandato a casa, chiudendo in un amen una carriera costata sacrifici sin da ragazzi, e però pagato non male soprattutto quando si riesce a entrare nel giro che conta. Quanto prendono gli arbitri italiani in una stagione? Possono arrivare a incassare fino a 200.000 euro per quelli di fascia più alta, con esperienza e anni di campo alle spalle, la qualifica di internazionali e la capacità di sdoppiarsi tra direzione di gara e presenza nella sala Var. Senza contare i soldi garantiti da Uefa e Fifa per le prestazioni nelle coppe europee e nelle competizioni mondiali.

In una carriera di una decina di stagioni si riesce a mettere via un discreto gruzzoletto

Non sono le cifre dei top player e su questo si potrebbe aprire un dibattito, visto che un portiere di riserva di un grande club guadagna tre o quattro volte di più dei 200.000 euro di un arbitro top, ma non c’è dubbio che arrivare ad arbitrare ad alto livello riserva anche qualche soddisfazione dal punto di vista economico. In una carriera di una decina di stagioni, per capirci, si riesce a mettere via un discreto gruzzoletto e il futuro è indirizzato verso un allungamento della stessa, grazie alla necessità di avere Var affidabili che sfuggono ai limiti d’età tradizionali.

Come funzionano i compensi per gli arbitri di Serie A?

Si parte dai diritti di immagine che ogni fischietto cede all’AIA e che valgono a seconda degli anni di permanenza nell’organico della CAN (il gruppo da cui il designatore pesca per le partite del massimo campionato e della Serie B): si va dai 20.000 euro a stagione per un esordiente ai 60.000 per chi ha oltre 50 presenze che diventano 90.000 nel caso si sia internazionali Fifa. Questa è la parte fissa, poi si aggiungono i gettoni per ogni singola partita.

Un match di campionato vale 4.000 euro

Un match di campionato vale – per l’arbitro di campo – 4.000 euro, compenso riconosciuto anche in caso di Supercoppa italiana e playoff o playout di Serie B perché la tariffa per la stagione regolare dei cadetti è altrimenti dimezzata a 2.000 euro. In Coppa Italia il premio massimo viene riconosciuto solo per semifinali e finale e la crescita è graduale con il passare dei turni: 1.200 euro nelle fasi preliminari, 2.000 euro per ottavi e quarti di finale quando entrano in campo le big in una competizione che con l’attuale format garantisce grandi partite, stadi pieni e forti tensioni.

Una gara da Var in campionato vale 1.700 euro

Nel corso della stagione, però, un arbitro accumula una serie importante di presenze anche in funzioni diverse da quella di direttore di gara centrale. Il tesoretto, insomma, cresce anche in forme differenti: una gara da Var in campionato vale 1.700 euro (800 da Avar), 800 in Serie B (400) e da 500 a 1.700 in Coppa Italia (250-800). Meno ricco il gettone per il ‘Quarto Uomo’ che nell’immaginario collettivo è erroneamente identificato nell’addetto alla lavagnetta o poco più mentre nella realtà è un ufficiale di campo al pari di arbitro e assistenti: 500 euro in Serie A, 200 euro in Serie B, da 100 a 500 in Coppa Italia.

E i Var scelti per ricoprire solo questo incarico?

E’ una delle figure chiave del futuro perché l’intenzione dell’AIA è allargare sempre più il gruppo di coloro che si specializzano nell’utilizzo della tecnologia. Gli ‘stipendi’ sono più leggeri: 12.000 euro a stagione entro i primi tre anni di carriera, 24.000 dal quarto che salgono a 30.000 se si diventa Fifa VMO. Per gli Avar si va dai 4.000 ai 10.000 euro. Per tutti bisogna poi aggiungere i gettoni presenza per le singole partite, considerando che spesso in un fine settimana il singolo garantisce la video assistenza a più di un match non avendo problemi logistici (la Var room è centralizzata a Lissone) o di stress fisico.

Da sempre si discute di professionismo, senza mai arrivare a conclusione

Questi i numeri. Guadagnano troppo o troppo poco? Di sicuro si trovano a maneggiare una materia scottante, non solo perché intreccia la passione di milioni di tifosi. Un fischio giusto o sbagliato può spostare decine di milioni di euro, la differenza tra una qualificazione raggiunta o mancata in Champions League e basterebbe questa considerazione a far concludere che quanto portano a casa è tanto ma non tantissimo. Da sempre si discute di professionismo, senza mai arrivare a conclusione. Solo recentemente la parte economica ha cominciato a salire, restando però lontana dai soldi che girano nel mondo dorato del calcio di primo livello. E quando si scende d categoria la situazione diventa drammatica: rimborsi spese di poche decine o centinaia di euro, pagati in ritardo e con arbitri che anticipano voli, treni e lunghe trasferte scommettendo su se stessi, sulla propria passione e sull’idea di riuscire magari un giorno a firmare uno dei contratti il cui contenuto vi abbiamo illustrato prima.