Home Sports Inchiesta Juve, non tutto è reato (sportivo)

Inchiesta Juve, non tutto è reato (sportivo)

Juventus, Agnelli

Sul fatto che la Juventus e i suoi dirigenti, a partire dal presidente Agnelli, finiranno in primavera in un’aula di tribunale per un processo su quanto emerso nell’inchiesta della Procura di Torino ci sono ben pochi dubbi e non si accettano scommesse. E nemmeno che i rilievi Consob diventeranno un’onda lunga creando non pochi problemi di credibilità al titolo in Borsa, dove lo tsunami giudiziario si è saldato su una tendenza già molto negativa, provocando record (al ribasso) di capitalizzazione praticamente quotidiani. Che tutto si trasformi, però, in mannaia sportiva sulla squadra – che è poi quanto interessa realmente alla stragrande maggioranza degli italiani – è tutto da dimostrare.

Emergono tre anni in cui la Juventus è stata gestita male

Alcune delle intercettazioni date in pasto all’opinione pubblica, corredate di pizzini e scritture più o meno privare, paiono infatti semplicemente la ricostruzione di tre anni in cui la Juventus è stata gestita male, alla costante ricerca di denaro per chiudere tutte le falle che si aprivano. Rincorsa disperata e inutile, visto che Exor è stata costretta a due aumenti di capitale da 700 milioni di euro, ma che è molto difficile si possano tramutare in penalizzazioni o qualcosa di più grave per i bianconeri.

Le cosiddette operazioni incrociate già passate al vaglio della Procura della Figc

Senza citare le cosiddette operazioni incrociate, o plusvalenze fittizie, che sono già passate al vaglio della Procura della Figc nei mesi scorsi con un processo che ha visto alla sbarra anche altre dieci società ed è finito con il proscioglimento per tutti (e soprattutto con la bollinatura definitiva del concetto che non esiste un parametro oggettivo per determinare il valore dei giocatori sul mercato), è ad esempio discutibile l’enfasi attorno alla cosiddetta ‘galassia Juventus’. Si tratta del reticolo di alleanze con alcuni club amici – Sassuolo, Atalanta, Udinese, Sampdoria e altri minori – utilizzato dai dirigenti bianconeri per alcune operazioni di mercato e rivendicato in fase di trattativa per ottenere condizioni e prezzi migliori.

Se ci siano illeciti e illegalità nelle scritture lo chiarirà il tribunale

Se ci siano illeciti e illegalità nelle scritture lo chiarirà il tribunale, ma il passaggio logico operato da molti secondo cui così la Juventus ha falsato i campionati, decidendo le rose di mezza Serie A per fare i comodi propri, non sta in piedi. Anche perché da sempre le squadre più importanti hanno rapporti privilegiati con una serie di società e nessuno si è mai scandalizzato delle vie preferenziali che ne sono derivate: tra Chievo e Genoa e l’Inter, ad esempio, o tra Empoli e Napoli. La pretesa di rendere questa circostanza un segnale di illecito sportivo pare debole. 

Molti dirigenti del calcio sono rimasti su una linea prudente

Anche per questo molti dirigenti del calcio, anche chi non ha particolari amicizie con Agnelli, sono rimasti su una linea prudente in pubblico senza evocare chissà quale ghigliottina per la Juventus. E’ il caso di De Laurentiis e Lotito, uniti nel dichiarare il proprio garantismo pur da piazze che chiedono in questi giorni condanne certe e rapide. Anche per questo più di qualcuno è rimasto sorpreso dalle uscite del ministro Andrea Abodi, persona nota per l’equilibrio e la prudenza. Non c’è giorno che ad Abodi non venga richiesto un parere e non c’è giorno che lui si esprima inserendo tra un passaggio e l’altro concetti come “fare piazza pulita”, “nello sport si può morire e anche risorgere” e “la Juve non resterà sola in questo processo”. Siccome Abodi si occupa di sport e non di questioni di Borsa e di giustizia ordinaria, la sensazione è che stia esprimendo valutazioni sui prossimi passaggi in corte federale del caso Juventus. Dove, però, ad oggi gli osservatori esterni pronosticano per i bianconeri il rischio di affrontare una battaglia per evitare una penalizzazione o una multa salata, non quello di lottare per non essere retrocessi o peggio. A meno di non dare credito fino in fondo a pareri autorevoli, ma espressi da chi è in parte coinvolto nelle questioni, secondo i quali ci si trova al cospetto di una sorta di armageddon finale.

La sintesi è che la montagna giudiziaria potrebbe partorire in sede sportiva un risultato diverso da quello atteso seguendo le aspettative di questi giorni. E con un vero e ineliminabile problema di tempistiche su cui, invece, sarebbe bene che il governo e i capi dello sport intervenissero con chiarezza: a Torino o altrove (la Juventus vuole spostare tutto il procedimento a Milano, sede della Consob) il processo non partirà prima della primavera e impiegherà diversi mesi prima di arrivare a sentenza di primo grado. La Figc non può attendere tutto questo tempo, ma non può nemmeno permettersi di condannare o assolvere la società sulla base di carte che ricostruiscono profili di illiceità in molte parti con passaggi tecnici e contabili complicatissimi. Il danno di immagine ed economico sarebbe enorme, col rischio tra un paio di anni di vedere tutto o parte smontato dai giudici ordinari. C’è il precedente di Calciopoli e c’è la linea ultra-difensiva intrapresa anche dalla nuova Juventus di Elkann, per nulla disposto a lasciare che la società sia decapitata dalla giustizia sportiva con sanzioni eventuali che vengono ritenute “totalmente infondate”.