Home Sports Il Festival di Sanremo fa il pieno di spettatori, a calcio e sport restano la rabbia e i debiti

Il Festival di Sanremo fa il pieno di spettatori, a calcio e sport restano la rabbia e i debiti

Il Festival di Sanremo fa il pieno di spettatori, a calcio e sport restano la rabbia e i debiti

E’ con una certa sorpresa – eufemismo – declinante all’incazzatura che i vertici degli sport italiani, costretti dall’inizio del nuovo anno a limitazioni capestro nei propri impianti, hanno letto le ultime provenienti da Sanremo. Scoprendo che per il Festival della canzone che si terrà a partire dal 1° febbraio, dunque in piena ondata Omicron, potrà essere seguito senza limitazioni di pubblico al Teatro Ariston: 100%. Non uno di meno. Con buona pace della stretta che il Governo ha imposto nelle scorse settimane a stadi ed arene provocando la desertificazione di pubblico e ulteriori danni a un sistema già profondamente in crisi e quasi per nulla risarcito dallo Stato.

Evidentemente a Sanremo e dentro l’Ariston il Covid non esiste o, se esiste, non contagia. Del resto non ci può essere altra spiegazione al paradosso di uno spettacolo di intrattenimento al chiuso in cui gli spettatori saranno rigorosamente uno a fianco all’altro e considerati al sicuro, mentre negli stadi all’aperto oggi il limite è di 5.000 spettatori e precedentemente il 50% della capienza mentre nei palazzetti di basket e volley già da tempo era stato imposto il limite capestro del 35% e mai si è andati oltre il 60%, nemmeno quando i numeri dei contagi erano infinitesimali rispetto a quelli odierni.

Lo sport bistrattato dalla politica

La notizia del via libera al Teatro Ariston, dove si entrerà con il Super Green Pass e senza obbligo di tampone, è stata accolta non senza un’alzata di sopracciglio ma è stata letta anche come ulteriore conferma di come lo sport venga trattato dalla politica in Italia: uno strapuntino su cui sedersi quando fa comodo, come nelle frequenti passerelle istituzionali imposte ai nostri campioni di tutto nel felice 2021.

A fronte di limitazioni ad personam, infatti, i governi che si sono succeduti dall’inizio della pandemia hanno distillato col contagocce aiuti e ristori per i movimenti travolti dallo tsunami dell’azzeramento prolungato dei ricavi da botteghino. Fin qui sono arrivate le briciole e anche qualche utile misura fiscale è stata cancellata dalla nuova legge di bilancio. Ora sul tavolo c’è qualche sostegno per spese mediche e di assorbimento del caro bollette, però siamo ai pannicelli caldi per cercare di guarire un malato quasi allo stato terminale. Per intenderci, solo il calcio di Serie A ha accumulato in due anni perdite per oltre un miliardo di euro vedendosi fin qui ristorato di soli 5 milioni (e sarà escluso per le società medio-grandi anche dal prossimo giro) mentre basket e volley, che vivono di biglietteria e poco altro, hanno avuto zero alla voce ristori.

All’Ariston il Covid non c’è?

Così si spiega la lievissima incazzatura – eufemismo – che proveranno i proprietari che tengono in piedi i vari carrozzoni quando, accendendo la tv, osserveranno l’Ariston pieno quasi fosse la capitale del paese senza Covid. Potenza della canzone o di mamma Rai che conta, evidentemente, più di qualsiasi presidente di federazione o lega italiana.