Home Sports DAZN, fine dell’illusione di vedere il calcio spendendo poco (e perché pagheremo di più)

DAZN, fine dell’illusione di vedere il calcio spendendo poco (e perché pagheremo di più)

DAZN, fine dell’illusione di vedere il calcio spendendo poco (e perché pagheremo di più)

Mezza stagione di DAZN in Italia ha cancellato il sogno che si possa vedere calcio in tv, o streaming, a basso prezzo. E confermato come il piano della OTT tedesca, sbarcata sulla Serie A tre anni fa e da agosto titolare quasi unica dei diritti del campionato, abbia fatto male i conti sbagliando previsioni sul numero di abbonati, sulla disponibilità degli italiani a investire nella propria rete infrastrutturale e, in generale, ad adeguarsi al nuovo modello di visione del passatempo una volta preferito da tutti. 

DAZN, cosa accadrà dalla prossima estate

L’anticipazione fornita dal Sole 24 Ore (non smentita) su quanto accadrà dalla prossima estate toglie ogni dubbio. Dopo aver cercato a dicembre di eliminare da subito la cosiddetta concurrency (ovvero la doppia visione dallo stesso account), DAZN tornerà alla carica e questa volta nemmeno l’AGCOM potrà mettersi di traverso salvando gli appassionati dal salasso. La svolta, in parte anticipata dalla stessa azienda nel momento della rinuncia all’aumento immediato dei prezzi, verrà venduta come “rimodulazione tariffaria” ma, nella sostanza, si tradurrà in un appesantimento dei costi per i tifosi da salotto. Tradotto in soldoni, se oggi l’abbonamento mensile costa 29,99 euro dall’anno prossimo dobbiamo immaginarci un rincaro che porterà DAZN ad allinearsi al valore dei pacchetti Sport e Calcio di Sky quando l’emittente satellitare aveva in mano tutto o quasi. Prezzi che venivano fortemente criticati dai tifosi ma che, evidentemente, rappresentano il corretto posizionamento del prodotto calcio.

Stop all’abbonamento usato su più device

Secondo Il Sole 24 Ore, però, c’è di più: la rimodulazione porterà la OTT tedesca a limitare se non impedire la possibilità di utilizzo su più device dell’abbonamento. Per accedervi si dovrà mettere mano al portafoglio con un tariffario a salire – stile Netflix ma con valori diversi – per poter registrare più apparecchi o utilizzarli in contemporanea. Sempre partendo dall’assunto che se i conti non sono tornati in questa stagione la colpa sarebbe dell’uso scorretto e disonesto che ne hanno fatto gli italiani. Tesi sostenuta da DAZN e dal partner commerciale TIM. E la rimodulazione riguarderà anche un altro parametro delicatissimo, ovvero la qualità dell’immagine dello streaming.

La sintesi è che, nell’era del 4K e delle trasmissioni sempre più fluide e definite, l’utente di DAZN dovrà pagare per ottenere (sempre sulla carta) un livello buono di visione. Ammesso che funzioni, cosa che in questi mesi non è accaduta al di là delle rassicurazioni sui miglioramenti tecnologici che sarebbero intercorsi dopo le polemiche iniziali, i blocchi e la mossa della disperazione di risarcire gli abbonamenti con un mese gratuito.

Cosa lascerà in eredità il triennio di DAZN?

Ma il ragionamento va anche esteso all’intera struttura del progetto. Da una parte c’è un operatore che ha acquisito i diritti e poi li ha commercializzati come minimo sbagliando pricing (oppure immaginando di alzare i prezzi dopo la prima fase). Dall’altra i manager della Serie A che hanno affidato il proprio prodotto a qualcuno non in grado di garantire la qualità precedente e che, almeno stando ai dati, ha ristretto la platea dei clienti finali invece di allargarla. Numeri ufficiali sugli abbonamenti non sono stati forniti ma di sicuro la richiesta di TIM di rivedere al ribasso il contratto da 340 milioni a stagione con DAZN è la prova che le cose sono andate diversamente da quanto immaginato. 

Non solo, è calata la visibilità di marchi e sponsor, gli ascolti Auditel hanno segnalato un crollo della platea e quelli autoprodotti da DAZN e Nielsen sono stati giudicati non attendibili dall’AGCOM e a breve verranno soppiantati dalla ‘total audience’ di Auditel. La fotografia che ne uscirà potrebbe non essere piacevole per i club che sognavano di usare DAZN come cinghia di passaggio verso la produzione in autonomia di tutto il pacchetto, da distribuire direttamente ai clienti. Tra qualche mese si apriranno le danze per il bando del triennio 2024-2027: cosa lascerà in eredità il triennio di DAZN? A Sky, per intenderci, hanno finito di fasciarsi la testa per essere stati sbattuti fuori e certamente non saranno disposti a rimettere sul tavolo cifre vicine al miliardo di euro per un prodotto che rischia di arrivare all’asta depotenziato.

Ultima annotazione: nella logica della protezione dell’esclusiva di DAZN la Serie A ha perso anche la sfida del prime time del sabato sera. Non sarà sfuggito ai più attenti come le gare più interessanti vengano collocate alle 18 e non alle 20,45, slot condiviso anche da Sky che, ad esempio, ha avuto la Juventus fin qui solo due volte. Può sembrare una scelta intelligente, di sicuro è in controtendenza con il mondo dello spettacolo dove il meglio si mette nelle fasce di maggiore ascolto. Per il calcio (italiano) no. Il tempo dirà chi ha avuto ragione e chi torto.