Home Politics Per gli italiani Eurovision è politica, il 50% contro Svezia e Finlandia nella Nato

Per gli italiani Eurovision è politica, il 50% contro Svezia e Finlandia nella Nato

Eurovision 2023 regno unito

La guerra è omnipervasiva. Dal fronte in Ucraina, il conflitto sta influenzando politica ed economia, ma anche il dibattito e la scena culturale di casa nostra. In settimana si sono accesi i riflettori sull’Eurovision Song Contest. Non solo un evento musicale, ma uno specchio delle relazioni geopolitiche del presente e dei rapporti tra le nazioni all’interno e all’esterno dei confini europei. Secondo Dean Vuletic, storico dell’Europa contemporanea dell’Università di Vienna, contattato da true-news.it,l’Ucraina ha vinto la battaglia politica dell’Eurovision il giorno dopo essere stata invasa dalla Russia, che è stata esclusa dal concorso”.

La politica dietro l’evento

Dietro la vittoria della band ucraina Kalush Orchestra all’Eurovision Song Contest tenutosi la scorsa settimana a Torino si celano motivi politici. Ne è convita anche la maggioranza degli italiani intervistati da Termometro Politico nel sondaggio settimanale realizzato tra il 17 e il 19 maggio. Solo il 2,9% ritiene che la band ucraina abbia vinto per meriti puramente artistici. Per il 59,2% la scelta del pubblico è stata un atto squisitamente politico. Tra questi c’è chi non vede nulla di male in questo (31,5%) e chi ritiene che si sarebbe dovuto giudicare solo il lato artistico (27,5%). Infine per il 30,8% il voto è stato “truccato” e “pilotato dall’alto per lanciare un segnale politico”. L’Eurovision quindi fa politica.

Gli italiani si dividono sulle condizioni di un accordo di pace che vedrebbe l’Ucraina cedere alla Russia tutti o in parte i territori conquistati dopo il 24 febbraio. Il 26,3% si oppone ritenendo questa ipotesi “un precedente pericoloso” mentre il 27,4% la considera accettabile solo se l’accordo venisse sottoscritto anche dalla stessa Ucraina. Il 20,7% è favorevole e ritiene che bisognerebbe spingere Kiev ad accettarlo “per evitare ulteriori vittime”. Un altro 22,9% dice sì perché considera quei territori “russofoni”.

Un italiano su due si dice contrario all’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. Per il 25,4% è giusto ma in altri momenti e non ora visto che la mossa potrebbe inasprire le tensioni tra Russia e Occidente. Contrario un altro 25,2% secondo cui la Nato è solo una minaccia per la pace in Europa e uno strumento dell’egemonia Usa. A favore dell’ingresso è invece il 37,7%.

Una scollatura tra governo e paese

La domanda di adesione alla Nato da parte di Svezia e Finlandia è accolta positivamente dal governo italiano. Con il Presidente del Consiglio Mario Draghi che ha accolto nei giorni scorsi la premier finlandese Sanna Marin a Palazzo Chigi. Per il presidente del consiglio l’entrata dei due paesi baltici nella NATO porterà ad un rafforzamento dell’alleanza occidentale che necessità di sempre maggiore unità e coesione. Per confrontarsi con la sfida alla sicurezza dell’eurozona lanciata da Vladimir Putin.

Una posizione chiaramente non condivisa nella sua totalità dalla popolazione italiana, che si ritrova ancora una volta divisa sui temi relativi al conflitto in corso in Ucraina. L’abbandono della storica neutralità di Svezia e Finlandia è un azzardo che potrebbe motivare un comportamento ancora più aggressivo da parte della Russia. Le parole espresse da Mario Draghi, nel corso del vertice con il Primo Ministro Marin, sono state a favore di una maggiore autonomia strategica dell’Europa, soprattutto nell’ambito della difesa. Si scontrano col punto di vista di molti cittadini italiani, che vedono in un allargamento della NATO con Svezia e Finlandia il disegno egemonico degli Stati Uniti.

Senza alcuna concreta prospettiva negoziale, nonostante la proposta di tregua elaborata dalla Farnesina e dalla Presidenza del Consiglio e consegnata alle Nazioni Unite, il pubblico italiano teme evidentemente un aggravarsi dello scenario bellico e le sue conseguenze sulla salute economica del paese. Un’estensione della NATO verso oriente viene da molti percepita alla stregua di una rischiosa violazione, l’infrangersi di una delle storiche linee rosse, come sottolineato dall’Ambasciatore Sergio Romano a Osservatorio Globalizzazione, che per settant’anni hanno garantito l’equilibrio di forze e la pace in Europa e che l’interventismo americano nella vicenda ucraina sembra voler mettere in discussione.

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