Home Politics Tampon tax, un ciclo che ritorna: la contraddizione del Governo penalizza donne e famiglie

Tampon tax, un ciclo che ritorna: la contraddizione del Governo penalizza donne e famiglie

Tampon tax, un ciclo che ritorna: la contraddizione del Governo penalizza donne e famiglie

Perché questo articolo dovrebbe interessarti? Il governo Meloni intende alzare al 10% l’Iva su assorbenti e prodotti per l’infanzia. Contraddizione da parte dello stesso esecutivo che l’aveva abbassata al 5% lo scorso anno. La discriminatoria tampon tax preoccupa le donne, per le attiviste di Period Think Tank, intervistate da True News, “è un’urgenza collettiva”.

Una manovra lacrime e sangue. E che va a colpire le famiglie italiane su alcuni fronti particolarmente sensibili. Così appare la scelta del governo Meloni di incrementare l’Iva dal 5 al 10% su dispositivi legati al ciclo mestruale e prodotti per l’infanzia. Assorbenti, dunque, ma anche pannolini e latte in polvere. La tampon tax ritorna e rende le mestruazioni ancora più sofferte. Una vera e propria marcia indietro da parte dello stesso governo che l’aveva ridotta al 5% solamente un anno fa. Colpo duro anche da un punto di vista simbolico per le famiglie con bambini e per tutte le donne soggette al ciclo mestruale, in un momento in cui l’inflazione picchia forte.

La marcia indietro del Governo: la tampon tax ritorna e grava sulle donne

Il ciclo è una condizione fisiologica e tutti i dispositivi mestruali sono elementi di prima necessità. Non possono essere un lusso. L’Italia sembrava averlo finalmente capito. Nel 2021, infatti, il governo Draghi aveva abbassato dal 22% al 10% l’aliquota sui dispositivi legati al ciclo. Inquadrando gli assorbenti – e non solo – da beni di lusso a beni ordinari. Il governo Meloni ha poi alleggerito ulteriormente il peso dell’accisa, portandola al pari dei beni di prima necessità. Ma in dodici mesi lo stesso governo si rimangia la promessa. Nonostante “la riduzione dell’aliquota Iva sui prodotti e servizi per l’infanzia” fosse uno dei punti cardine del programma del centrodestra alle ultime elezioni. L’inversione a U arriva quindi da un governo che, nelle intenzioni, pone al centro il valore della famiglia e della donna, ma che poi, quando c’è da tagliare, non esita a usare le forbici anche in questi ambiti.
L’aumento dei prezzi ha annullato i risparmi della riduzione dell’Iva, portando pochi benefici ai consumatori. Per questo motivo il Governo ha deciso che non valesse più la pena impegnare 180 milioni per risparmi minimi. Ma ad oggi, con un’inflazione di circa il 5%, risulta più che mai necessario abolire la tampon tax. L’inflazione grava in modo significativo sulle donne, su cui già insiste il gender pay gap. Il loro tasso di occupazione, infatti, è del 18% inferiore rispetto a quello degli uomini.

Period Think Tank: “Tampon tax discriminatoria. Il ciclo mestruale è una questione collettiva”

True News ne ha parlato con Giuditta Bellosi e Cristina Poletti di Period Think Tank, associazione femminista intersezionale che si occupa di advocacy, policy e data. Le attiviste confermano: la tampon tax si configura come una discriminazione sia economica sia di genere. “Dal ciclo mestruale ci guadagnano tutti, tranne chi lo ha. Si tratta di una questione collettiva e come tale dovrebbe essere affrontata”. Si stima che, in media, le mestruazioni durino quarant’anni, con un uso totale di più di 12 mila assorbenti a persona. “Il costo esposto per più di duemila giorni di ciclo risulta impattante sia a livello economico che ecologico, per non parlare poi del costo nascosto, ossia di quello non tracciato di medicine legate al benessere mestruale” ha affermato Bellosi. Ma non tutti possono permettersi queste spese. La povertà mestruale (period poverty) è un problema globale invisibilizzato. Una ragazza su dieci ha un accesso limitato ai prodotti mestruali per il costo, per la difficoltà nel reperirli, per questioni culturali. Nel 2016, anche in Italia circa 2 milioni di persone erano soggette a period poverty.

Inoltre, le due attiviste denunciano la gravità della mancanza di dati ufficiali legati ai costi del ciclo mestruale. “Il vuoto che riguarda le stime non solo ostacola la ricerca di soluzioni di quella che si configura come un’urgenza sociale, ma dichiara anche quanto la questione ciclo sia ancora uno stigma. Le istituzioni dovrebbero investire su raccolta ed esposizione dei dati. Ci deve essere sensibilizzazione attraverso l’informazione, ma anche formazione sulle possibili soluzioni. Investire su scelte che non devono essere elitarie, ma accessibili a tutti”. Per il gruppo Period Think Tank, quindi, “il ritorno dell’Iva al 10% dimostra la mancanza di un serio impegno del Governo per politiche efficaci a ridurre i divari di genere in Italia, che dovrebbe preoccupare non solo le donne, ma tutte le persone che hanno a cuore la giustizia sociale”.

La contraddizione del Governo: proviamo a dare i numeri

Nonostante la mancanza di dati ufficiali, sono 21 milioni in Italia le donne in età fertile che ogni mese hanno bisogno di prodotti per il benessere mestruale. Se ogni confezione costa circa 4-5 euro, e non sempre ne basta una al mese, alla fine dell’anno la spesa si aggira tra i 130 e i 150 euro. Rispetto all’attuale Iva al 5%, il raddoppio al 10% comporterà un aumento di 7.5 euro sul costo complessivo.

Lo stesso vale per i prodotti per l’infanzia. La manovra propone un aumento dell’Iva attuale per il latte in polvere. Soppressa anche l’agevolazione per seggiolini e pannolini. Provando a fare due conti: in media un neonato consuma circa 44 euro di latte in polvere al mese (due confezioni da 800g, 22 euro l’una). Il consumo mensile medio di pannolini invece si aggira intorno alle 150 unità (cinque al giorno), che corrispondono a circa sei confezioni da 9.50 euro, per un totale di 57 euro. Quindi, mensilmente con l’attuale Iva al 5% la spesa ammonta a 101 euro, tra latte in polvere e pannolini. Con l’incremento dell’accisa al 10% il costo complessivo passerà a 106 euro.

Cifre che potrebbero magari non sembrare ingenti. Ma il cui aumento ha un valore simbolico e politico forte. Oltre ad evidenziare quella che appare una contraddizione di fondo da parte del governo Meloni. Infatti, se da un lato le famiglie riusciranno a risparmiare per il nido o godranno di decontribuzioni per le mamme lavoratrici, dall’altro dovranno spendere di più per nutrire i figli e per procurarsi i prodotti di igiene mestruale. Tra equilibrismi e contraddizioni, la manovra del Governo risulterà, dunque, efficace o sarà un passo indietro nei confronti di donne e famiglie?