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Per Staino più che la mano era morta la sinistra

Per Staino più che la mano era morta la sinistra

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Un imprenditore, Paolo Nocentini, che ha condiviso la militanza politica con Sergio Staino, nel necrologio fatto pubblicare sul Corriere allude a un presunto vizietto di Sergio Staino, quello di “toccare tutte le donne”. Il necrologio, sostiene lo scrittore Giacomo Papi, è molto più della notizia che qualcuno è morto.

“Caro Sergio, amico in un ideale (…) Siamo tutti tristi, ti rammentiamo con affetto e simpatia. Più che altro le donne, le toccavi tutte ma Bruna non se ne aveva a male. Un abbraccio, Paolo Nocentini”.

“Staino toccava tutte le donne”

Il testo del necrologio per Sergio Staino uscito sulle pagine del Corriere della Sera (ma rifiutato da un altro giornale) dettato da un imprenditore che aveva diviso la militanza politica nel Pds con il vignettista scomparso, ha spiazzato tutti. Ricordare che il padre di Bobo, il personaggio più famoso uscito dalla matita di Staino, toccava tutte le donne appena se ne presentava la possibilità sembrerebbe la nascita di un nuovo fenomeno, quello del #metoo post-mortem, anche se l’accusa non arriva da una donna.

Nocentini nelle interviste rilasciate dopo la pubblicazione del necrologio ha in parte ritrattato, parlando del fatto che nell’ultimo periodo di vita del vignettista, Staino, ormai cieco e molto malato, poggiava sempre la mano sul braccio delle donne con le quali interloquiva. Atteggiamento, a dirla tutta, molto diffuso tra persone prive di vista che cercano il contatto fisico con chi gli parla per avere almeno la percezione mentale della distanza con l’interlocutore.

Possibile che sul (presunto) vizietto di Staino tutti abbiano taciuto?

Dire che Staino toccava tutte le donne, con buona pace della moglie Bruna, se le parole hanno un peso – e lo hanno – è accusarlo di essere stato uno che le mani le allungava anche prima della malattia e della cecità. Un presunto vizietto, che nessuna donna ha però mai denunciato.

Considerato che gli ambienti frequentati dal disegnatore per lavoro e militanza erano ambiti nei quali la componente femminista sarà stata sempre molto presente, suona strano che nessuna “compagna” abbia mai sollevato il problema negli anni. Perché, pur senza bassa frequenza e fuorionda, quando certe cose accadono è difficile che le voci non comincino a circolare. A meno che Paolo Nocentini, che aveva conosciuto Staino sedendogli accanto in un pullman diretto a una manifestazione, non abbia voluto togliersi qualche sassolino dalla scarpa (non possiamo saperlo) o ha pensato di dare l’addio al suo amico giocando – malamante – con l’arma dell’ironia. Non quella alla quale ci aveva abituato Staino con le riflessioni del suo militante di sinistra simbolo del “mai una gioia dalla nostra parte politica”. Un’ironia molto più greve.

Il necrologio come termometro di una comunità

I necrologi, che rimangono una delle fonti principali di introiti per i quotidiani, soprattutto locali (dove le pagine con le fotine dei cari estinti sono le prime a essere lette) sono in ogni caso un eccezionale termometro sociologico, col quale misurare la “temperatura” di una comunità e le relazioni che esistono tra le persone che la formano.

Dalla quantità di annunci si può rilevare l’importanza della persona scomparsa, intendere il posto che occupava nella società, addirittura ricostruire la sua rete sociale.

L’omaggio e nel caso di Staino lo sberleffo

Se la morte mette tutti allo stesso livello, come sosteneva Totò nella sua poesia, accade solo quando è cominciata l’elaborazione del lutto, non prima. Non almeno nelle pagine degli obituaries, come chiamano i necrologi i giornali anglosassoni. Il pensionato che muore avrà al massimo l’annuncio che ne comunica la scomparsa firmato dalla vedova, il personaggio illustre, invece, riceve l’omaggio (adesso adesso lo sberleffo, come nel caso di Staino) di talmente tante persone che a volte i necrologi a lui dedicati possono riempire più di una pagina.

C’è un aneddoto che racconta meglio di mille parole il rapporto di alcune comunità con i necrologi sui giornali. C’era un anziano signore piacentino che tutte le mattine, appena comprata la sua copia del quotidiano locale, si fermava sulla soglia dell’edicola a leggere i necrologi e li commentava con l’edicolante. Il quale, un giorno, sulla pagina degli annunci mortuari vide la foto del suo cliente e dispiaciuto commentò: “Toh, guarda, proprio oggi che c’è la sua foto, non è passato a comprare il giornale”.

Il necrologio e il valore di una persona

Come scriveva lo scrittore Giacomo Papi in un suo articolo sul Foglio del luglio 2020, “morire è l’unico momento pubblico della vita della maggior parte degli umani, noti soltanto alla cerchia ristretta della propria famiglia e comunità. I necrologi pubblicati sui giornali rappresentano, cioè, una sterminata Antologia di Spoon River in frantumi dove si racconta il passaggio della storia, il mutare dei gusti e dei valori. E, ancora: “I necrologi sono molto di più della notizia che qualcuno è morto: raccontano ciò che in un dato periodo era considerato di valore nella vita di una persona”.

“Volevo ricordare l’amico Sergio così com’era, senza condoglianze di circostanze”, ha detto ancora Paolo Nocentini a proposito del suo necrologio per Staino. Difficile credere, però, che uno dei valori del papà di Bobo fosse la mano morta. Per lui chi non dava più segni di vita era la sinistra.