Home Economy Boom e-commerce: le spedizioni marittime e il rischio di uno tsunami inflazionistico

Boom e-commerce: le spedizioni marittime e il rischio di uno tsunami inflazionistico

Boom e-commerce: le spedizioni marittime e il rischio di uno tsunami inflazionistico

La pandemia di Covid-19 ha creato un piccolo gruppo di galline dalle uova d’oro. Se le conseguenze dell’emergenza sanitaria globale hanno travolto un impressionante numero di soggetti tradizionali, dalle semplici persone fisiche alle aziende di vendita al dettaglio, vessate da settimane di lockdown e incapaci di sostenere un business in apnea, c’è anche chi, in mezzo alla tempesta, è riuscito a imporsi come player economico decisivo.

Trasporto marittimo, l’e-commerce fa impennare il giro d’affari

Pensiamo ai campioni dell’e-commerce e a tutto l’indotto connesso, logistica e spedizioni comprese. Con la paura del virus, l’impossibilità fisica di abbandonare lockdown e quarantene, e la chiusura dei negozi, molte persone si sono letteralmente affidate alla rete, selezionando i prodotti desiderati, riempiendo il proprio carrello virtuale e aspettando che il corriere suonasse i loro campanelli. Ebbene, questo fenomeno ha provocato una vera e propria impennata nel giro d’affari delle compagnie di trasporto marittimo.

Il motivo è piuttosto semplice da spiegare: la follia dello shopping pandemico, dovuto in parte a una noia comprensibile dei cittadini e in parte a reali esigenze, ha spinto i consumatori di tutto il mondo a fare valanghe di ordini, alimentando un commercio globale di merci senza precedenti e aumentando alle stelle la domanda di navi container per la consegna dei prodotti.

Richieste in pending, spedizioni marittime al lavoro senza sosta

Con così tante richieste in pending, i responsabili delle spedizioni marittime, gli stessi incaricati di unire l’offerta dei commercianti alla domanda dei consumatori, hanno lavorato e stanno lavorando senza sosta. In teoria non dovrebbe esserci niente di male. Anzi: si potrebbe persino pensare che molte aziende siano finalmente tornate a macinare utili. In parte è vero ma, tralasciando il fatto che la pandemia ha creato vincitori e vinti (da una parte gli attori affermati a livello internazionale, dall’altra coloro i quali sono relegati a dimensioni più ridotte), l’accelerazione delle spedizioni via mare dei container ha comportato un non trascurabile aumento delle emissioni inquinanti connesse al trasporto marittimo.

L’impennata dei prezzi delle spedizioni marittime

Non solo: l’aspetto che più influenzerà l’economia globale è data dall’impennata dei prezzi delle tariffe delle stesse spedizioni marittime, destinate a restare elevate per tutto il 2022. In altre parole, è all’orizzonte un altro anno ricco di profitti per tutti i vettori cargo globali e, allo stesso tempo, è all’orizzonte un altro anno di spese folli per i loro clienti.

Spedizioni marittime, tariffe aumentate del 200% in un anno

Basti pensare che nel 2021, per trasportare un container di 40 piedi dall’Asia agli Stati Uniti, erano necessari oltre 20mila dollari, contro i meno di 2mila che si sarebbero invece necessari una manciata di anni fa. Pare che le tariffe a lungo termine stabilite nei contratti tra vettori e caricatori siano stimate in aumento del 200% rispetto a un anno fa. Ci troviamo così dinanzi a uno scenario a due velocità: da una parte troviamo i grandi clienti di carichi marittimi, colossi come Ikea e Walmart che hanno la capacità di negoziare condizioni migliori e assorbire la spesa extra; dall’altra, ecco i piccoli esportatori e importatori, soprattutto quelli dei Paesi in via di sviluppo o a basso reddito, che non riescono più ad affidarsi ai vettori per trasportare abbigliamenti, elettronica, cereali e prodotti chimici.

Vettori del trasporto marittimo: profitti stimati per 150 miliardi di dollari

Nel frattempo il profitto stimato raggiunto dai vettori per il trasporto marittimo nel 2021 si è aggirato intorno ai 150 miliardi di dollari: un’ascesa clamorosa dopo almeno un decennio di difficoltà. Giusto per fare un esempio, la danese AP Moller-Maersk A/S, il secondo vettore di container più grande del mondo, un anno fa era vicina a conseguire un profitto annuale che avrebbe eguagliato o superato i risultati combinati raggiunti dall’azienda negli ultimi nove anni. E tra le dieci big, addirittura al primo posto, troviamo anche la Mediterranean Shipping Company Holding (Msc), una holding svizzera ma italianissima e controllata dalla famiglia Aponte.

In ogni caso, il 90% del traffico mondiale di merci viaggia da un continente all’altro mediante spostamenti marittimi, e l’intero flusso raggiunge il 12% del pil del mondo. Al di là delle dinamiche riguardanti le singole compagnie marittime, i prezzi dei trasporti costantemente elevati stanno favorendo l’inflazione e complicando la ripresa post Covid. Già, perché i costi elevati per spostare le merci – in passato presenti ma per periodi temporanei – potrebbero presto diventare caratteristiche a lungo termine.

I rischi sull’inflazione e sulla sicurezza alimentare

I caricatori hanno chiesto alle autorità di regolamentazione di mettere un freno ai vettori ma la partita non è affatto facile. E così, se è vero che le spedizioni marittime sono tornate ai tempi d’oro – soprattutto per quanto concerne il trasporto di merci come soia e carbone –, è altrettanto vero che, in assenza di contromisure, il rischio in termini di inflazione e sicurezza alimentare può diventare tanto enorme quanto insostenibile.