Home Politics Saluti romani, Fiano: “La sentenza della Cassazione? Non mi sorprende”

Saluti romani, Fiano: “La sentenza della Cassazione? Non mi sorprende”

Saluti romani, Fiano: “La sentenza della Cassazione? Non mi sorprende”

Perché questo articolo potrebbe interessarti? La Cassazione ha stabilito che nei casi in cui nelle manifestazioni vengono propagandati simboli fascisti, come nel caso del saluto romano, occorre applicare la legge Scelba. E dunque considerare reato tali comportamenti solo se propedeutici alla ricostituzione del partito fascista. True News ha intervistato in merito l’esponente dem Emanuele Fiano. 

Emanuele Fiano è stato il principale promotore del disegno di legge sul divieto di propaganda e apologia del fascismo che, nella legislatura tra il 2013 e il 2018, tanto ha fatto discutere. “Lo avevamo approvato alla Camera – ricorda ai microfoni di True News –. Poi però al Senato i numeri erano risicati e la legislatura stava finendo. Quindi non si è fatto in tempo”. Il suo nome è comunque rimasto legato a quel ddl, adagiato nei cassetti di Palazzo Madama.

Per questo la sua è una voce certamente non secondaria in queste ore caratterizzate dal dibattito sul saluto romano. Su uno cioè dei principali simboli usati dai sostenitori dell’estrema destra italiana. Un dibattito tornato di prepotenza in primo piano a inizio anno, dopo la manifestazione in ricordo della strage di Acca Larentia. E rilanciata giovedì con una sentenza della Cassazione su un’altra manifestazione, quella svoltasi nell’aprile del 2016 in memoria di Sergio Ramelli. Sentenza che ha assolto otto persone e ha rispedito il processo al secondo grado di giudizio.

Saluti romani, Fiano: “Nessuna sorpresa”

Riusciamo a raggiungere l’esponente del Pd intorno a ora di pranzo. La notizia della sentenza della Cassazione in quel momento è ancora tra i “trend”, sui social e non solo. Fiano inizia a commentarla ai nostri microfoni. Ribadendo subito un punto: “Io personalmente – dichiara – non sono affatto sorpreso”. Il motivo è chiarito dallo stesso ex deputato dem: “Vede, la sentenza di cui si parla tanto in queste ore altro non fa che fotografare l’orientamento della giurisprudenza italiana degli ultimi 72 anni”.

Il riferimento al 1952 non è certo casuale. Quell’anno è stata approvata la legge Scelba, la norma cioè che ha introdotto nell’ordinamento il reato di apologia del fascismo. All’articolo 5 del testo, è previsto anche il divieto di raduni e manifestazioni riecheggianti il ventennio: “Da allora però le sentenze sono spesso state orientate verso la non punibilità di condotte come quelle che abbiamo visto nei giorni scorsi”, aggiunge Fiano.

Nel 1958 ad esempio, la Corte Costituzionale ha tracciato limiti importanti all’applicazione della legge Scelba. In particolare, in ossequio al principio costituzionale della libertà di manifestazione, la norma contro i raduni di estrema destra deve essere applicata solo se tali eventi risultano propedeutici alla ricostituzione del partito fascista. In poche parole, diventa reato organizzare raduni e quant’altro solo nella misura in cui chi vi partecipa ha il conclamato obiettivo di ridare vita a una formazione fascista.

“L’orientamento è stato costantemente orientato verso questo tipo di interpretazione della norma del 1952 – aggiunge Fiano –. Ecco perché nel 2014 avevo promosso un nuovo disegno di legge in materia”. Ddl che, come detto in precedenza, ha fatto molto discutere in seno all’opinione pubblica prima del suo accantonamento alla vigilia delle elezioni del 2018.

Cosa prevede la sentenza della Cassazione

La pronuncia della massima corte di giovedì si inserisce proprio nel prospetto interpretativo della legge Scelba, ma non solo. Il caso ha voluto che i giudici esprimessero la propria sentenza a pochi giorni dall’episodio di Acca Larentia. Il 7 gennaio infatti, un gruppo di membri di organizzazioni di estrema destra hanno commemorato la strage avvenuta nel 1978 a Roma alzando il braccio ed emulando così il saluto romano.

Il caso nel quale è intervenuta la Cassazione è molto simile. Si riferisce alla commemorazione, svolta a Milano nel 2016, di Sergio Ramelli. Quest’ultimo era un militante del Fronte della Gioventù ed è stato ucciso nell’aprile del 1975. Al termine di quella manifestazione, un gruppo di dimostranti di estrema destra ha alzato il braccio per rendere il saluto romano. Quel gesto è costato una condanna a otto persone, emessa nel 2022 dalla Corte d’Appello di Milano.

I giudici del capoluogo meneghino, hanno emesso le loro condanne richiamando non solo e non tanto la legge Scelba, quanto la legge Mancino. Quest’ultima, approvata nel 1993, ha introdotto il reato di incitamento all’odio e alla discriminazione. Non solo, ma la norma proibisce di creare organizzazioni che si rifanno ai valori di “odio razziale ed etnico e incitano a commettere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.

La Corte d’Appello di Milano, con la pronuncia del 2022, ha quindi ritenuto che gli episodi come quelli relativi alla commemorazione di Ramelli rientrino nella casistica di reati previsti dalla legge Mancino. A Roma, all’interno della sede della Cassazione, l’interpretazione è stata differente. Nei casi in questione, secondo i magistrati della suprema corte, non occorre applicare la legge Mancino. Ma la normativa prevista dalla legge Scelba. Dunque, è possibile considerare reato il saluto romano e la celebrazione di simboli del fascismo solo in caso di conclamata volontà, da parte degli autori dei gesti o dei partecipanti, di restaurazione del partito fascista. Da qui l’assoluzione degli imputati. E il rinvio a un nuovo processo di appello.

Il ddl Fiano e gli altri provvedimenti in itinere

L’ex deputato dem ai nostri microfoni si mostra comunque prudente: “Ancora non abbiamo letto le motivazioni – afferma – quindi al momento non c’è molto da commentare”. È chiaro però che quanto stabilito dalla Cassazione è destinato a far discutere e ad animare anche l’attività politica del centrosinistra.

“Durante i governi Renzi e Gentiloni siamo andati molto vicini all’approvazione di quel ddl che porta il mio nome – ha proseguito Fiano – ma quegli esecutivi si reggevano su numeri esigui e su un drappello di deputati dell’ex partito di Angelino Alfano”. Tramontata l’idea di una legge specifica contro l’apologia del fascismo, nella successiva legislatura il Pd ha presentato una nuova proposta riguardante la legge Mancino: “Ma in quella legislatura – ha sottolineato l’esponente democratico – ci sono state altre esigenze, quali il Covid tra tutte. Anche in quel caso dunque, tutto è saltato”.

Il Pd però adesso vuole riprovarci. Senza dubbio le ultime vicende hanno dato manforte ai dem in tal senso. “Un nuovo ddl è stato già depositato le scorse settimane – ha dichiarato Fiano – lo ha presentato il Pd e credo che a breve andrà in commissione”. Oggi però il partito guidato dalla Schlein è all’opposizione: “A destra leggi del genere non sono mai state viste di buon occhio – ha quindi aggiunto l’ex deputato –. Per questo ho voluto lanciare un appello a Giorgia Meloni dalle pagine del Corriere. Se davvero, come dice, lei nulla ha a che vedere con Acca Larentia, allora voti la legge contro la propaganda fascista”.