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Pescherecci in vendita ai trafficanti, così l’immigrazione è andata fuori controllo

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Perché questo articolo potrebbe interessarti? Sempre più giovani reclutati dai trafficanti, mentre alcuni pescatori vendono i propri pescherecci alle organizzazioni criminali: una fonte diplomatica a TrueNews spiega come la crisi economica in Tunisia sta contribuendo a far aumentare l’immigrazione verso l’Italia, con i trafficanti oramai in grado di dettare legge in diverse aree costiere del Paese

I problemi economici sono strettamente legati all’immigrazione. Ma non sempre e non solo per la semplice equiparazione secondo cui, a un peggioramento dell’economia, corrisponda un’impennata del numero delle partenze. In realtà le condizioni economiche incidono anche nel radicamento territoriale di un’organizzazione di trafficanti di esseri umani. Questi ultimi, in caso di duratura crisi economica in un determinato territorio, rischiano di diventare gli unici “datori di lavoro”.

È accaduto nella Libia post Gheddafi, dove centinaia di famiglie hanno trovato sostentamento economico lavorando nell’immensa macchina logistica portata avanti dai trafficanti. Così come è accaduto nel Niger, dove coloro che avevano un pick up un tempo adibito al trasporto dei turisti da Agadez verso le piste del deserto, si sono reinventati passeur e hanno iniziato a trasferire migranti in Libia. Oggi sta accadendo in Tunisia.

Il repentino collasso dell’economia sta portando molti cittadini ad accettare le offerte dei trafficanti. “Oggi ci sono pescatori che vendono i propri pescherecci agli scafisti – ha confidato una fonte diplomatica a True-News.it – giovani disoccupati che vengono lautamente pagati per portare i migranti in spiaggia, non mancano segnalazioni di presunta corruzione”. Un contesto che quindi spiega molto bene i motivi del repentino aumento di partenze dalle coste tunisine verso l’Italia.

L’indotto generato dall’immigrazione

Sui social non è raro vedere video, a volte girati da semplici cittadini nella zona di Sfax, in cui si notano camion con a bordo decine di migranti e con piccole imbarcazioni sul tetto. Nelle immagini, il più delle volte le persone vengono lasciate a pochi passi dalla spiaggia, in compagnia dei natanti nel frattempo scaricati dai camion. Poi, subito dopo, gli autisti dei mezzi sfrecciano via tra i sentieri sabbiosi facendo perdere le proprie tracce.

“Chi guida quei camion – ha dichiarato la fonte diplomatica sentita da TrueNews – spesso fino a pochi mesi fa non aveva a che fare con le organizzazioni criminali. Si tratta di giovani insospettabili, reclutati dai trafficanti”. Giovani probabilmente rimasti senza lavoro oppure con retribuzioni non in grado di arrivare alla fine del mese. Una manna per i capi delle organizzazioni criminali, i quali possono “pescare” da una platea purtroppo sempre più ampia.

“La situazione economica in Tunisia è disastrosa – sottolinea la fonte – in Tv sentiamo parlare dei problemi di bilancio che costringono Saied a chiedere aiuto all’Fmi o all’Europa, ma il vero dramma è nell’economia reale: è tutto fermo, soldi ne girano pochi e molti non hanno come acquistare beni di prima necessità”. È l’intero Paese a essere ridotto così, ma la situazione è ancora più grave allontanandosi da Tunisi.

A Sfax ad esempio, le prospettive di lavoro sono ridotte. Solo il turismo estivo ha dato una leggera boccata d’ossigeno, ma il territorio sta vivendo una delle crisi più gravi degli ultimi anni. Sfax rappresenta una delle aree da cui è più semplice raggiungere Lampedusa, per questo oggi è un vero e proprio hub migratorio. I trafficanti stanno avendo gioco facile nel reclutare qui sempre più giovani oppure padri di famiglia rimasti senza lavoro.

“Vengono promessi soldi a chi semplicemente trasferisce i migranti in mare – ha aggiunto la fonte – oppure a chi procura nuovi pescherecci o magari fornisce piccoli alloggi a chi deve salpare verso l’Italia”. C’è poi il caso di quei pescatori che, vedendo sempre più assottigliati i propri guadagni, decidono di vendere i pescherecci agli scafisti: “Casi del genere sono stati segnalati – sottolinea il diplomatico ascoltato da TrueNews – le Ong qui presenti ne sono al corrente, credo lo sappiano anche le autorità: alcuni pescatori stanno mollando il loro lavoro e danno i propri mezzi ai trafficanti”.

Coste fuori controllo

Eppure varie volte Kais Saied ha promesso un giro di vite contro chi aiuta i trafficanti. Il governo ha imposto dure sanzioni a chi collabora a vario titolo con le organizzazioni criminali. Questo soprattutto dopo le rivolte che a luglio hanno coinvolto la città di Sfax. Qui migranti sub sahariani e cittadini locali sono entrati in contrasto e nelle risse più volte c’è scappato il morto. Da allora le autorità hanno proceduto con lo sgombero forzato di aree ed edifici dove erano assiepati molti migranti.

Ma il forte sospetto è che si sia trattato solo di mera propaganda. Trafficanti e criminali hanno già trovato altri luoghi e altre aree dove radunare i migranti, così come hanno trovato altri complici per gestire la macchina logistica del macabro business degli esseri umani. “Davanti la fame – ha confermato la fonte diplomatica – non c’è minaccia che tenga. Se un trafficante paga bene, molti preferiscono accollarsi il rischio di essere beccati”.

Le leggi più dure quindi non stanno avendo gli effetti sperati. Anche perché è molto difficile farle applicare e questo per due motivi. Da un lato c’è il discorso relativo all’ampiezza del fenomeno: le persone impegnate nell’indotto generato dall’immigrazione sono nell’ordine delle centinaia, difficile individuarle tutte. Dall’altro poi c’è il punto relativo alla corruzione: “Anche per i guardiacoste e gli agenti la vita è diventata dura – sottolinea il diplomatico – anche i loro stipendi non bastano più. Questo potrebbe aver fatto aumentare i casi di corruzione”. In poche parole, i trafficanti, al pari di come riescono a pagare un giovane disoccupato, sono in grado di allungare laute tangenti a chi è chiamato a sorvegliare.

Quegli accordi che rischiano di risultare inutili

Il problema a questo punto rischia di assumere anche connotati politici. Italia e Ue, in questi mesi contrassegnati dall’emergenza immigrazione generata dalla rotta tunisina, stanno provando a chiudere accordi con Saied. Obiettivo non semplice, visto che il presidente tunisino ha più volte rinviato la firma su importanti documenti e negli ultimi giorni ha rifiutato l’erogazione di 127 milioni di Euro da parte della commissione europea. Un rifiuto motivato dal fatto che per il presidente tunisino quei soldi rappresenterebbero una mera “elemosina”.

Ma a prescindere dal buon esito delle trattative, occorre chiedersi se gli eventuali accordi possano realmente incidere sull’attuale situazione. Roma e Bruxelles vogliono da Tunisi l’impegno a far diminuire le partenze e a contrastare la tratta di esseri umani. Tuttavia, se le autorità faticano a mantenere il controllo delle coste ogni documento potrebbe trasformarsi in lettera morta.

Lo scenario di una Tunisia fuori controllo inquieta la diplomazia italiana ed europea, ma una prospettiva del genere rischia di essere già realtà. Con tutte le ben prevedibili gravi conseguenze del caso, sull’immigrazione e non solo.