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L’Internazionale dei “no Stadio”

L’Internazionale dei “no Stadio”

Italiani popolo di tifosi. Che non vuole i nuovi stadi. Da Firenze a Milano il mondo di comitati e politici che si scontrano con i club

di Francesco Floris

Tante anime diverse, unite sotto un’unica bandiera  e un unico coro: “No Stadio”. Sono presenti a Milano e Firenze dove contestano i progetti di Milan, Inter e della nuova proprietà della Fiorentina. C’erano già a Torino quando la Juventus ha deciso che avrebbe puntato su un nuovo stadio di proprietà. Arriveranno anche a Roma, visto che è notizia di questo dicembre il “sì” deciso arrivato dalla sindaca Virginia Raggi al progetto di un nuovo stadio capitolino, con 4 ipotesi in campo per il momento: Tor di Valle, la ristrutturazione del Flaminio, Tor Vergata e Fiumicino. Loro si oppongono. L’Internazionale dei “no Stadio” è fatta di architetti, urbanisti, attivisti politici, consiglieri comunali e di municipio. I loro nemici? La cosiddetta “Legge Stadi” e Italia Viva del leader Matteo Renzi che con una serie di emendamenti ha reso più semplice per le squadre lanciarsi nell’impresa. Con la Lega Calcio che ha fatto arrivare al Governo Conte-bis un dossier sugli stadi della penisola come allegato di una lettera per chiedere nuove semplificazioni normative. Per i “no Stadio” di tutta Italia i nuovi progetti finirebbero invece con abbattare veri e propri “monumenti” storici, ancora perfettamente funzionali. L’obiettivo? Avvantaggiare società sempre più finanziarie e scollegate dalle città della bandiera, costruttori e palazzinari. A Roma nel mirino ci sono finiti Luca Parnasi, i cui terreni a Tor di Valle dovrebbero essere acquistati per cira 1 miliardo di euro dai Friedkin, e i Caltagirone, interessati dalle altre “alternative” in discussione. Quello di Firenze? “Uno dei primi edifici al mondo a donare sostanza fisica ad una perfetta sintesi di tecnologia ed estetica, un tratto tipico dell’approccio progettuale di Pier Luigi Nervi” scrivono gli attivisti sul sito creato ad hoc per l’occasione. Quindi? Risposta ovvia per chi sostiene questa tesi: lo stadio Artemio Franchi non può certo essere abbattuto per esaudire i desideri della nuova proprietà della Fiorentina, il magnate americano delle telecomunicazioni Rocco Commisso.

Il Meazza di Milano? Per chi lo difende San Siro ha un valore storico di primaria importanza ed è uno degli stadi più belli al mondo. I progetti di Milan e Inter? Sono, nella migliore delle ipotesi, “speculazione immobiliare”. Nel capoluogo lombardo queste tesi incontrano il favore di persone appartenenti a mondi molto diversi fra loro, anche idee politiche contrapposte, dai Verdi agli esponenti del Movimento Cinque Stelle locale, fino a qualcuno nel Pd e nel centrodestra. Se a creare grane ai club fino ad ora è stato il “Gruppo Verde San Siro” con i suoi ricorsi e contro ricorsi, tutto il mondo degli “ambientalisti” milanesi è contrario alla realizzazione di un nuovo stadio. Inclusi coloro che da dentro il partito dei Verdi hanno annunciato di “correre” insieme a Beppe Sala alle elezioni del 2021. Ma oltre alle anime “green”, il nodo Meazza si incontra e si scontra con tutta quella parte di politici, di destra e di sinistra, che si sentono “calpestati” dal modo di fare di Milan e Inter nell’ultimo anno e mezzo. Che, di fatto, sono accusate di condurre una trattativa privata con la giunta di Milano senza interpellare o cercare interlocuzione con quello che sarebbe il Parlamento locale, il consiglio comunale. “Tanto prima o poi dovremo votare” minacciano ricordando a tutti come siano loro quelli che prendono voti e preferenze in città. Lo fanno notare nei post sui social e chiedono ai club di smetterla di annunciare alla stampa faraonici progetti e render che non coincidono con la posta in gioco reale. Dentro questo filone, meno “ecologista” e più strettamente politico, si infila quella frangia di “no stadio” il cui problema sono i soldi e capire da dove arrivano. Chi è il Fondo Elliott e per conto di chi agisce? Chi sono i titolari effettivi delle squadre? Perché Scaroni è stato messo alla Presidenza del Milan dopo essere stato advisor della proprietà cinese insolvente? Sono queste le domande che si fanno e hanno trovato più di una sponda mediatica nella trasmissione televisiva “Report” che ha dedicato diverse puntate all’argomento. A Milano a coagulare dibattito attorno a questi temi sono stati il Presidente della Commissione Antimafia del Comune, David Gentili, e Nando Dalla Chiesa che ne scrive con regolarità sul Fatto Quotidiano.