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La grande sfida dei Conservatori di Meloni a un anno dalle Europee

Stati Generali, Meloni

Perché leggere questo articolo: Manca un anno alle Europee. I Conservatori di Meloni chiedono spazio e con ogni probabilità lo avranno. Ma è lunare pensare di mettere all’angolo i socialisti. Vediamo perché.

Portare i Conservatori, dopo le Europee, a giocare un ruolo maggiore nel Parlamento di Strasburgo e nella nomina della Commissione che verrà? Fattibile. Scalzare definitivamente il Partito Socialista Europeo e creare un blocco che mandi tutta la Sinistra europea all’opposizione? Impossibile. La partita di Giorgia Meloni a un anno dalle Europee deve essere giocata su più piani e tenere in conto le finezze e l’architettura barocca della politica comunitaria.

L’obiettivo dei Conservatori dopo le Europee

La strategia di Meloni, del partito dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) di cui è presidente e dei suoi alleati è trovare una convergenza maggiore tra questa formazione e il Partito Popolare Europeo. Ad ogni elezione che vede le destre premiate in Europa, gli esponenti di Fratelli d’Italia continuano a ripetere la necessità di una saldatura tra centrodestra e conservatori per colpire la posizione della Sinistra e della “maggioranza Ursula” Ppe-Pse.

L’Eurodeputato di Fdi Carlo Fidanza ne ha scritto su Twitter in relazione al recente voto amministrativo in Spagna. La nascita di maggioranze politiche locali tra Popolari e conservatori di Vox apre alla prospettiva di una replica di tale schema dopo le elezioni nazionali di luglio. Per Fidanza “un antipasto di quello che ci auguriamo accada alle prossime elezioni politiche spagnole e, pochi mesi dopo, anche a Bruxelles”.

Dove l’asse Ppe-Conservatori può incidere

Aspettative realistiche? In parte sì. Sicuramente esiste la prospettiva di una maggiore convergenza tra Ppe, Conservatori e altri gruppi di destra su molti voti “identitari” che possono dettare il passo dell’azione comunitaria. Il voto sull’elezione del Presidente del Parlamento Europeo ha premiato una donna di destra come la maltese Roberta Metsola a fine 2021.

Inoltre, sull’auto elettrica, i regolamenti sulle emissioni di carbonio e altre politiche ambientali si è vista una rottura della “maggioranza Ursula” con Ppe e Ecr alleati alla destra di Identità e Democrazia da un lato e il Pse a Verdi e Sinistra radicale. In quest’ottica, l’ago della bilancia è stato il gruppo Renew Europe guidato da Emmanuel Macron e dal suo En Marche!

Per Ppe e Ecr, si tratta di convergere al centro creando canali di dialogo coi liberali su temi pragmatici per erodere spazi di manovra ai socialisti nella definizione dell’agenda concreta dell’Ue. Ma l’architettura comunitaria rende difficile una totale messa all’opposizione dei progressisti. Vediamo perché.

L’architettura di potere Ue è complessa

La scelta dei commissari e l’effetto processo di decision-making comunitario è infatti ben più complesso di quanto appaia spesso sui media. Innanzitutto, si pensa spesso alla Commissione come a una sorta di governo comunitario. Ma di fatto l’organo supremo dell’Unione Europea è il Consiglio Europeo che riunisce i capi di Stato e di governo dell’Europa. Dunque gli Stati.

Il Consiglio Europeo decide le proposte per le cariche apicali dell’Ue. Il suo presidente, innanzitutto, ma anche quello della Commissione. Ed è impossibile pensare a un nome scelto solo da Popolari e Conservatori. Sei leader europei oggi sono Socialisti, tra cui lo spagnolo Pedro Sanchez, il portoghese Antonio Costa, il tedesco Olaf Scholz. Sei sono popolari, a cui si deve aggiungere Viktor Orban, escluso dal Ppe. Altrettanti quelli di Renew Europe, in cui oltre a Macron si aggiunge il premier olandese Mark Rutte. I Conservatori sono in ascesa ma oltre a Meloni esprimono solo altri due membri: Mateusz Morawiecki (Polonia) e Peter Fiala (Repubblica Ceca).

La maggioranza qualificata che vede i leader del Consiglio deliberare con la maggioranza assoluta degli Stati che rappresentino almeno i due terzi della popolazione Ue vede un sistema di voto ponderato. Ad oggi i leader socialisti rappresentano oltre il 33% della popolazione Ue, i popolari solo l’11%. I Conservatori, grazie a Meloni, pesano per il 24% e i Liberali per il 22%. Ma la Sinistra potrebbe potenzialmente, se Sanchez non perdesse la poltrona, interdire ogni decisione anche qualora tutti gli altri leader fossero compatti.

E anche in caso diverso, il tema sarebbe ugualmente complesso. Ogni singolo commissario deve essere nominato dal proprio governo e votato dal Parlamento europeo. Dunque nessuno ha l’interesse a avviare una guerra sulle nomine su cui potrebbe avvitarsi l’intera intesa europea.

Cosa può succedere dopo le Europee

Realisticamente, dunque, ci si può aspettare un sistema ibrido. Un asse Ppe-Conservatori che possa portare i leader di Ecr a far passare, dialogando, nomi graditi ai loro partiti per la Commissione e a far pesare il loro potere contrattuale verso il Pse è una prima opzione. Su ambiente, industria, politica estera più atlantista, anti-russa e anti-cinese l’asse Ppe-Ecr sarà sicuramente capace di incidere. Ma da qui a creare un “governo” europeo che metta all’angolo i socialisti in Consiglio e Commissione, complice la necessità di decidere in molti ambiti a maggioranza assoluta, passa un lungo percorso che nessuno vuol compiere.

Innanzitutto nel Ppe nessuno vuole coinvolgere nel processo decisionale Identità e Democrazia, il partito europeo dei sovranisti radicali che può giocare un ruolo di sostegno su provvedimenti graditi ma non può essere cooptato a posizioni di governo comunitarie. In secondo luogo, Meloni e i suoi sanno che un assalto frontale ai socialisti finirebbe per rendere veramente centrale non solo Ecr ma anche Renew Europe, cioè Macron. I cui voti sarebbero decisivi per smarcare ogni situazione d’impasse.

La realtà dei fatti è che dopo le Europee 2024 probabilmente la “maggioranza Ursula” si amplierà a una sorta di cooptazione all’esterno dell’asse Ppe-Pse intento a dialogare con Renew e formazioni minori. Ci sarà nella Commissione e nel Parlamento europeo un maggiore pluralismo che mostra come sia l’equilibrio dei singoli Stati a dover fare quello europeo, e non viceversa. E che nessuno può pensare di escludere chi ha un peso. Vale per Meloni e Ecr, ovviamente. Ma vale anche per i Socialisti. Destinati a rimanere seconda forza europea dopo il Ppe.