Home Future Green I sei ragazzi davanti alla Corte europea: “I Paesi agiscano per il clima”

I sei ragazzi davanti alla Corte europea: “I Paesi agiscano per il clima”

I sei ragazzi davanti alla Corte europea: “I Paesi agiscano per il clima”

Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Sei ragazzi e ragazze portoghesi – tra gli 11 e i 24 anni – hanno avviato una causa legale contro 32 Stati europei (Italia compresa) e l’hanno portata davanti alla Corte europea dei diritti umani. I Paesi in questione sono accusati di mettere a rischio il presente e il futuro dell’umanità e di privare le nuove generazioni di una vita serena e sicura. Il processo prenderà il via il 27 settembre dopo una preparazione di tre anni. Abbiamo intervistato i giovani portoghesi da cui è partito questo caso senza precedenti.

I loro nomi sono Catarina dos Santos Mota; André e Sofia dos Santos Oliveira; Clàudia, Mariana e Martim Duarte Agostinho. Si muovono come “Youth4ClimateJustice” e hanno il sostegno del Global Legal Action Network. Tutti di origine portoghese, provenienti da Leira o da Lisbona, accusano i 32 Paesi coinvolti di non aver rispettato gli Accordi di Parigi sul clima, elaborati nel 2015, e di mettere in pericolo la salute della popolazione.

L’iniziativa di questi giovani per la giustizia climatica è senza precedenti per l’estensione del processo avviato, ma si inserisce nella tendenza sempre più frequente delle azioni legali intraprese dai giovani per salvaguardare il Pianeta.

Perché avete deciso di intraprendere un’azione legale? Come vi siete organizzati?

Una serie di incendi mortali avvenuti in Portogallo nel 2017, che sono divampati vicino a dove noi sei giovani richiedenti viviamo, ci ha spinti ad agire per salvaguardare il nostro futuro. È stato allora che siamo entrati in contatto con il Global Legal Action Network (GLAN) e abbiamo deciso di portare alla Corte europea dei diritti umani (ECtHR) un caso legale contro vari Paesi. Abbiamo deciso di fare ciò perché la nostra salute fisica e mentale è già minacciata dall’impatto del cambiamento globale e, a meno che gli Stati, inclusi quelli europei, non riducano in modo significativo e urgentemente le emissioni dei gas serra (GHG), questo impatto peggiorerà drammaticamente nel corso delle nostre vite. Il Portogallo è uno dei Paesi più vulnerabili per quanto riguarda l’impatto del cambiamento climatico in Europa ed è necessario che il surriscaldamento globale sia tenuto entro 1.5°C, come limite di innalzamento assoluto, per assicurarsi che noi giovani richiedenti abbiamo un futuro vivibile.

Quali sono le vostre aspettative per il processo? Cosa sperate di ottenere?

Gerry Liston, avvocato senior del Global Legal Action Network (GLAN), spiega: “Ciò che stiamo cercando è un giudizio da parte della corte che sia legalmente vincolante. Il giudizio a tutti gli effetti sarebbe un accordo vincolante che obbliga i governi a fare di più per la riduzione delle emissioni all’interno dei loro confini, ma anche in relazione al loro contributo nelle emissioni degli altri Paesi”.

Catarina dos Santos Mota, una delle giovani portoghesi, aggiunge: “Ci aspettiamo il meglio. Ci aspettiamo che i giudici riconoscano quanto importante sia il nostro caso e che i governi europei debbano fare molto di più di quello che fanno ora”.

Perché ci sono voluti due anni prima che il processo iniziasse?

C’è bisogno di tempo e gli step che costituiscono il percorso legale del caso sono stati numerosi:

  • a settembre 2020 il caso è stato rivolto alla Corte europea dei diritti umani (ECtHR);
  • a ottobre 2020 la Corte ha accelerato il caso per via “dell’importanza e dell’urgenza dei temi sollevati”;
  • a novembre 2002 la Corte ha richiesto agli Stati coinvolti di rispondere e ha indagato, di sua spontanea volontà, se i giovani richiedenti fossero liberi da torture e da trattamenti disumani e degradanti;
  • a febbraio 2021 la Corte ha rifiutato la richiesta congiunta degli Stati coinvolti di rallentare il caso e ha permesso loro di circoscrivere le proprie obiezioni parlando dell’inammissibilità del caso;
  • a marzo 2021 sono stati presentati numerosi “interventi di terze parti” a sostegno del caso, comprese Amnesty International, Greenpeace, Save the Children e il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa;
  • tra agosto 2021 e giugno 2022 c’è stato uno scambio di argomentazioni tra i giovani richiedenti e gli Stati coinvolti;
  • a giugno 2022 la Corte ha rinviato il caso alla “Grande Camera” formata da 17 giudici che di solito prendono in esame un gruppo ristretto di casi di importanza eccezionale;
  • tra giugno 2022 e marzo 2023 è continuato lo scambio tra i giovani e i Paesi accusati;
  • il 29 marzo 2023 si è svolta l’udienza di altri due casi sul clima davanti alla Grande Camera (KlimaSeniorinnen v Switzerland e Carême v France);
  • ad aprile 2023 la Corte ha annunciato che la nostra udienza si sarebbe tenuta il 27 settembre 2023.

Quali possono essere i risultati di questo processo?

Le sentenze della Corte sono giuridicamente vincolanti. Il giudizio richiesto dai giovani candidati sarebbe quindi l’equivalente di un trattato regionale giuridicamente vincolante che obbliga i Paesi coinvolti ad accelerare rapidamente la loro azione a favore del clima. Inoltre, poiché le sentenze della Corte sono molto influenti nei casi dinanzi ai tribunali nazionali in Europa, questa sentenza fornirebbe anche a chi intraprenderà future cause sul clima a livello nazionale una base molto più forte su cui discutere le loro ragioni.