Home Politics Fuorisede fuori dal voto: il buco legislativo che l’Italia non sa risolvere

Fuorisede fuori dal voto: il buco legislativo che l’Italia non sa risolvere

Fuorisede fuori dal voto: il buco legislativo che l’Italia non sa risolvere

Perché leggere questo articolo? I fuorisede in Italia sono 4,9 milioni, circa il 10% del corpo elettorale. Eppure la legge per farli votare senza dover tornare nel Comune di residenza non c’è. Dal 2018, cinque proposte di legge per porre rimedio sono finite su un binario morto. E anche l’ultima, arenatasi al Senato, con tutta probabilità non sarà pronta entro le Europee di giugno.

Il voto ai fuorisede italiani? Ancora un miraggio. Neanche le imminenti elezioni Europee ne segneranno il debutto. Da luglio scorso la legge delega al Governo si è arenata in Senato. Non importa che alle ultime politiche il grande vincitore sia stato l’astensionismo, ancora una volta. Il partito dei non votanti si preannuncia largamente partecipato anche per le Europee 2024. Se infatti l’approvazione non dovesse arrivare entro il 15 febbraio, 4,9 milioni di fuorisede potranno scordarsi di votare a distanza, perché saranno esauriti i tempi tecnici.

Paradossale che un italiano possa votare da altre nazioni – non solo – europee, ma non da un’altra regione. Infatti, se regolarmente iscritto all’AIRE, un residente all’estero potrà ricevere a casa il plico con le schede elettorali per votare per corrispondenza. Il 10% del corpo elettorale, invece, sarà costretto a fare ritorno al proprio comune di residenza per poter votare. Ma non tutti se lo possono permettere, a causa di interminabili viaggi a prezzi proibitivi.

Il buco legislativo del voto dei fuorisede, che l’Italia non sa risolvere

Chi abita in un comune diverso da quello di residenza è dunque obbligato a tornare a casa per votare. Dal 2018 in Parlamento sono state presentate cinque proposte di legge per risolvere il problema. Diverse soluzioni, stesso esito fallimentare. Ultima arrivata in ordine di tempo, lo scorso aprile, quella della Commissione sull’astensionismo istituita dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà. Si trattava dell’election pass, un certificato elettorale digitale ispirato al Green pass. Una volta scaricato sullo smartphone, avrebbe potuto facilitare il voto anticipato presso strutture autorizzate o in un altro seggio nel giorno delle elezioni. Se solo non fosse stato bloccato in commissione pochi mesi dopo esser stato proposto.

L’iniziativa, non andata in porto, fa parte del libro bianco “Per la partecipazione dei cittadini, come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto”, per individuare e comprendere le molteplici cause dell’astensionismo. Election pass, election day, voto anticipato presidiato, sono state le principali proposte per agevolare la partecipazione elettorale a studenti e lavoratori fuorisede. Soluzioni tratte per la maggior parte dal confronto con le esperienze di altri stati. Infatti, in Austria, Germania, Irlanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera si può votare per corrispondenza. In Belgio, Francia e Paesi Bassi è possibile delegare il proprio voto a un’altra persona. In Danimarca, Norvegia, Portogallo e Svezia c’è il voto anticipato, mentre in Estonia c’è quello elettronico.

Oltre agli esempi esteri, l’Italia avrebbe anche delle esperienze interne da cui prendere spunto. Il voto per delega infatti viene concesso a chi risiede temporaneamente o stabilmente all’estero e militari e forze dell’ordine possono recarsi alle urne nel proprio domicilio.

Ancora “viaggio della speranza” per votare, ma i fuorisede non ci stanno più

Il voto dei fuorisede italiani rimane quindi affidato al “viaggio per la speranza”. Una situazione che, secondo il Libro bianco, riguarda oltre 1,9 milioni di fuorisede. Ma al sonno del governo, rispondono le mobilitazioni dei fuorisede stessi. Il comitato Voto dove vivo, insieme a The good lobby e Will hanno annunciato una manifestazione davanti a palazzo Madama, dal 30 gennaio al 1 febbraio. “L’idea è di fare delle staffette davanti al Senato per ricordare ai politici che, qualora non dovessero approvare la legge entro il 15 febbraio, avranno deluso, ancora una volta, tutte quelle cittadine e cittadini che vogliono semplicemente esercitare il loro diritto di voto”. Così scrivono le associazioni sulle rispettive pagine.

E’ vero, il Senato, al momento, è alle prese con altre beghe, dalla riforma sul premierato all’autonomia differenziata. Ma il tempo per il voto ai fuorisede sembra non arrivare mai. Anche quando la proposta di legge del Comitato Voto dove vivo era riuscita ad arrivare alla Camera ed era stata imprevedibilmente approvata lo scorso 14 luglio. Non è che il governo ha paura del voto dei giovani fuorisede?