Home Politics Il deserto dei tartari ai seggi visto da uno scrutatore. Cronaca di un non voto

Il deserto dei tartari ai seggi visto da uno scrutatore. Cronaca di un non voto

Il deserto dei tartari ai seggi visto da uno scrutatore. Cronaca di un non voto

Era ampiamente prevedibile, specie dove si vota solo per il referendum senza il traino amministrative, ma forse nemmeno i più pessimisti si aspettavano un voto così poco partecipato. La giornata elettorale di domenica 12 giugno, in alcuni collegi dello Stivale, è stata a dir poco soporifera per la bassa affluenza. L. è il presidente di un seggio in una circoscrizione della periferia sud di Milano. Quando le elezioni sono sentite, come nel caso delle comunali dello scorso autunno, è una corsa continua tra cabine, urne, schede e timbri. Oggi invece si annoia, e ha deciso di raccontare a true.news.it questa – atipica – giornata per la macchina elettorale.

L., che aria tira?
Almeno abbiamo sbarcato il lunario. Certo, ci pagheranno a settembre: 60 giorni lavorativi, a detta del vigile urbano che presidia la scuola. Ma 192 euro per girarsi i pollici 18 ore non è poi così male. Più di venti se contiamo anche l’allestimento di ieri. Un giorno intero e qualche scampolo”

Possono diventare tre, con il conteggio?
Non c’è pericolo. L’obiettivo è chiudere le operazioni a mezzanotte e un minuto. Non un minuto prima, perché dobbiamo far scattare le 00.00 per far prendere il giorno di riposo agli scrutatori che lavorano nel pubblico. Ma certamente neanche un minuto di più.

In quanti hanno votato?
Pochissimi, un deserto (anche per il caldo che fa). La nostra sezione ha oltre 600 aventi diritto, a votare a mezzogiorno si era presentati in meno di 40; e non erano ancora arrivati a 50 alle 16. E’ meno di un votante ogni mezz’ora.

Chi sono gli eroici temerari che si sono presentati a votare?
Indovina… Solo loro: i matusa. Ragazzi del 1936, 1939, 1943, 1948. Addirittura una sciura del 1928. Vengono con il bastone, la carrozzina, la badante o il figlio. Gli prepari due schede e puntuale arriva: “No, grazie. Vota solo la mamma. Io non so manco per cosa votiamo”. Forse nemmeno la stragrande maggioranza degli attempati fedelissimi del partito del voto ha chiara la natura di cinque quesiti così tecnici. Ma un under-60 è un miraggio.

Almeno tra gli scrutatori, ci sono giovani?
Sì, l’età media nella scuola che fa da collegio l’abbassiamo noi. Non che siamo tutti teenager, eh. Ma al profilo classico del presidente di seggio sui cinquanta e che lavora nella PA, si affiancano anche nuove leve. C’è addirittura una ragazza da poco maggiorenne che tra qualche giorno farà la maturità.

Cronaca di una morte annunciata?
L’unica “sorpresa” di giornata è la superiorità numerica degli uomini rispetto alle donne. Di poco più che cinquanta votanti, più di 35 erano uomini. Le donne meno di una ventina. Forse è il combinato disposto fine campionato-assenza mondiali che ha spinto fuori di casa i maschi; forse il palinsesto domenicale di Rai e Mediaset attira più le signore.

Magari sono andate al mare?
Dubito fortemente. Siamo un collegio di periferia, un quartiere bello popolare. Nessuno si è presentato al seggio in ciabatte o con la valigia, in partenza o di ritorno dal mare. La crisi, economica e della politica, qui si sente di più.

In una giornata così è “crisi” anche per voi scrutatori? Come la state passando?
Si fa qual che si può per ammazzare il tempo, e non farsi ammazzare dal caldo. Chi si è portato li libro, chi il pc. Chi esce a fumare ogni dieci minuti, stando bello attento a mettersi all’ombra per non squagliare.

Di cosa parlate?
Del più e del meno, che diventa nulla dopo più di ore di chiacchiere. Gente che si mette a discutere di storia: “Da quand’è che si elegge direttamente il sindaco?”. Si sproloquia da così tanto tempo che ci siamo annoiati anche di discutere di calcio. C’è chi ti racconta li libro che sta studiando per l’esame e chi delle passioni di gioventù, anche non politiche.

Con gli elettori vi mettete a parlare?
Si, conversazioni molto stereotipate. Il clima e gli scambi di complimenti reciproci: noi a loro, per essere venuti a votare, nonostante una certa età; loro a noi, per essere al seggio anziché in piscina o sul divano.
Poi ci sono gli eroi che si lanciano in conversazioni iperboliche.

Tipo?
Il genio assoluto è il signore che ci ha fatto un in bocca al lupo, come se il referendum lo avessimo indetto noi, o ci dessero un supplemento di compenso in caso di quorum. Poi ci sono quelli che ti raccontano dei loro acciacchi, che non gli hanno impedito di recarsi a votare. E poi, immancabile, quelli che si lancia in un mezzo comizio contro chi non è venuto a votare.

Votano quasi tutti per il “Sì”?
Non so dirti con esattezza, ovviamente è solo una sensazione. Supportata dalla natura del referendum (chi vuole farlo fallire non viene a votare) e dai sondaggi della vigilia. I pochi che si sono espressi – senza che nessuno di noi al seggio gli avesse chiesto nulla – lo hanno fatto per il Sì. Mi stupirei se il “No” arrivasse oltre il 10%. E se l’affluenza superasse il 20.