Home Pharma Nuovi nati in Italia? Come il 1861 (e la pandemia non aiuta)

Nuovi nati in Italia? Come il 1861 (e la pandemia non aiuta)

Nuovi nati in Italia? Come il 1861 (e la pandemia non aiuta)

di Francesco Floris

Un paragone storico con la piramide demografica italiane del terzo millennio? Come ai tempi dei Savoia e dell’Unità d’Italia. Lo dicono i dati Istat, con il record negativo di nascite che non si registrava dal Risorgimento. E la tendenza ad aumentare (la decrescita). Nel 2019 gli iscritti in anagrafe per nascita sono appena 420.170, con una diminuzione di oltre 19 mila unità rispetto all’anno precedente (-4,5%). Il calo si registra in tutte le Regioni, ma è più accentuato al Centro (-6,5%)1. In Regione Lombardia lo scenario non cambia. Mostrando un calo di “Nati vivi” dal 2014 al 2018 di circa 2-3% sull’anno precedente. La pandemia? C’era chi in primavera aveva addirittura ipotizzato un’impennata di gravidanze e nascite legata al periodo di forzosa convivenza fra partner. Magra speranza. Perché sempre l’istituto nazionale di statiatica che Covid non ha fatto altro che accelerare il declino demografico che la penisola sta vivendo da anni: paure, incertezze, crisi economica causate dal virus potrebbero comportare un ulteirore calo di almeno 10mila nuovi nati l’anno prossimo, passando dai 435mila previsti ai 426mila. I numeri sono figli del “Dossier Fertilità” elaborato dal Centro Studi di Fondazione The Bridge. Cinquanta pagine che sviscerano la demografia italiana e le aspettative sulla fertilità grazie ai risultati inediti di una survey condotta su un campione di 3mila donne fra i 20-30 anni, al fine di scattare una fotografia delle conoscenze e dei sentimenti delle giovani sul tema fertilità, PMA – i Centri di Procreazione Medicalmente Assistita –, Social Eggs Freezing e le pratiche di criopreservazione degli ovociti.

La ricerca, supportata da Gedeon Richter Italia e realizzata e pubblicata da Fondazione The Bridge nel mese di dicembre 2020 è stata presentata a gennaio anche in Regione Lombardia. La ricerca mostra, in sintesi, come l’Italia sia tra i Paesi in Europa con il minor numero medio di figli per famiglia e con l’età più alta di concepimento del primo genito. Un dato che deriva anche dalle enormi lacune informative tra le donne sui temi della fertilità, su come preservarla, sulle tecniche PMAS che permottono la crioconservazione e Social Egg Freezing per fini non medici. Se l’infertilità interessa tra l’8-12% della popolazione mondiale, con l’Italia che presenta la medesima epidemiologia, nel 30-40% dei casi si tratta di una malattia che non si riesce a curare. Nonostante le scarse informazioni nell’ultimo quinquennio si è assititot all’incremento del numero di gravidanze che insorgono da eterologa, con un trend costante annuale del 20% circa. La donazione di gameti, sia femminili che maschili e embrioni, in Italia, è possibile in 95 centri e grazie a questa rete nel 2017 – ultimo dato disponibile – sono nati 1.700 bambini, a fronte di 6.400 coppie trattate. La geografia delle strutture e centri specialistici è a macchia di leopardo: le strutture dedicate che la penisola offre 366 centri PMA, di cui un centinaio di primo livello. Di questa prima fascia 35 si concentrano in Lombardia, a cui aggiungere altri 25 di seconda fascia, ovvero il 12% del totale. Si tratta nella quasi totalità dei casi di centri pubblici o convezionati, escluse due sole strutture totalmente private.

I motivi di un declino

Tornando all’elaborazione di dati nazionali, si osserva come nel 2018 le donne residenti in Italia hanno in media 1,29 figli, con un’accentuata diminuzione in atto dal 2010 (questa la serie storica: 1,32 nel 2017, 1.37 nel 2014, 1,42 nel 2012, 1,46 nel 2010). L’Italia è anche il paese europeo in cui l’età media delle donne alla nascita del primo figlio è più elevata (31,2 anni) rispetto alla media europea di 29,3 anni. Il 45% delle donne tra i 18 e i 49 anni non ha ancora avuto figli, e dunque ad incidere sul calo non è la decisione/scelta delle donne di mettere al mondo meno figli, quanto il calo del numero stesso delle donne in età fertile (cioè tra 15 e i 49 anni), ridottosi, infatti, di 180 mila unità rispetto all’ultimo biennio. Tra i paradossi vi è il fatto che le donne ultraquarantenni fanno più figli delle giovani sotto i vent’anni, e quasi non esiste più il divario con la fascia 20-24 anni. Tra le principali cause del procrastinarsi delle gravidanze individuate vi è l’assenza di un partner fisso, l’orientamento alla carriera professionale o le condizioni lavorative precarie e un’ampia disinformazione sul tema “fertilità”, accompagnata da molte dicerie e falsi miti. A fronte di questa situazione, scienza e tecnologie hanno reso più accessibili diverse tecniche di procreazione medicalmente assistita, ma spesso poco conosciute o mal comprese. I numeri mostrano anche come servirebbe un attività di natura regolatoria e normativa che aiuti il diffondersi quanto meno della coscienza su queste pratiche e di una loro corretta interpretazione. Decisioni pubbliche da inserire nel filone delle politiche economico-sociali, ai diversi livelli amministrativi e di governo, mirate al sostegno della genitorialità.