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Dentro il “Virtual Hospital” del Sacco di Milano

Dentro il “Virtual Hospital” del Sacco di Milano

di Francesco Floris

Una piattaforma semplice e pubblica nata come progetto dell’Università Statale di Milano. Funziona senza scaricare applicazioni, a portata di persone con una certa età per colmare il gap digitale. Avvisa i pazienti con un sistema di sms. Permette agli specializzandi di Medicina di fare pratica. “Sposta l’ospedale sul territorio invece che il territorio in ospedale” dice il professor Gian Vincenzo Zuccotti, Direttore e Responsabile del reparto di Pediatria e Pronto Soccorso Pediatrico dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco oltre che Presidente del Comitato di Direzione della facoltà di Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Milano. Se la scelta del San Raffaele di “prezzare” un primo consulto video o telefonico 90 euro (la visita domiciliare 450 euro) ha creato polemica in Lombardia, Zuccotti parla invece di cosa l’Ospedale Sacco fa sin dalla scorsa primavera. Si chiama Cod-19 (Centro Operativo Dimessi), partito il 23 di marzo per aiutare gli operatori sanitari in difficoltà con il carico di lavoro ma, soprattutto, per accompagnare i pazienti dimessi al proprio domicilio, monitorandoli in tempi certi. Più di 1.400 persone solo durante la prima ondata pandemica “salvandone molte da complicazioni successive”, dice il professore, “perché siamo riusciti a intercettare embolie polmonari post dimissioni”. Da marzo a oggi 58.309 chiamate totali, 18mila nella seconda ondata. Il progetto ha coinvolto 100 specializzandi: medici laureati provenienti da varie scuole di specializzazione, in quella fase non operativi perché molte delle loro unità sono state trasformate in unità Covid e che “sono cresciuti professionalmente parlando con i pazienti, imparando a decidere in poco tempo quali sono i bisogni prioritari come non sempre si riesce ad insegnare nelle aule universitarie o in corsia. Ci erano state proposte delle applicazioni che indirizzano in automatico con la classica modalità da ‘premi il pulsante 1’ ma non le ho prese nemmeno in considerazione: la tele visita serve solo se umanizzata”. Come è nato? “Durante la prima ondata pandemica con gli ospedali pieni e pronto soccorsi pure – spiega Zuccotti – abbiamo creato questo centro operativo dimessi per supportare i colleghi, chiamando due volte al giorno i pazienti che stavano poco bene a domicilio e creando dei contatti telefonici con gli specialisti”. “Non era sufficiente e ci siamo resi conti di come fosse necessario garantire cure ospedaliere domiciliari e dare in quel frangente una tele visita che diventa contemporaneamente lo strumento da mettere a disposizione per recuperare le milioni di visite ambulatoriali saltate, annullate o ritardate perché realizzabili solo in condizioni complesse che ne rallentano i tempi e ne riducono l’efficacia, a partire dai distanziamenti sociali all’ingresso, dalle condizioni di sicurezza e dal carico di dispositivi di protezione che deve indossare il personale ospedaliero”. Da qui nasce l’evoluzione del Cod-19. È Cod-20 (Cure Ospedaliere Domiciliari) con 33 ambulatori specialistici virtuali, 186 specialisti disponibili. Partito il 25 maggio e mai arrestatosi durante l’estate seppur con numeri più ridotti. Per il Direttore del reparto di Pediatria e Pronto Soccorso Pediatrico dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco “l’idea è quella di una piattaforma che riproduca gli ambulatori specialistici per erogare le prestazioni da remoto o, per lo meno, capire chi va visitato in presenza in maniera prioritaria”. “Il concetto è quello di annullare le prenotazioni per dare la possibilità ai Medici di Medicina Generale di entrare nella piattaforma e inserire il paziente in un ambulatorio virtuale. A quel punto partono due sms che avvertono sulla presa in carico e sull’appuntamento in telemedicina, con un sistema rendicontabile e integrabile nel fascicolo sanitario elettronico garantendo privacy e sicurezza dei dati sensibili”. Sistema che ogni giorno invia un report con i dettagli ad Ats come al singolo medico che ha in carico un paziente X. È il Virtual Hospital. Da cui “non è più possibile tornare indietro perché un centro unico di prenotazioni integrato di questo tipo aiuterebbe anche in tempi normali”. L’Asst Fatebenefratelli-Sacco lo usa a pieno regime. La stessa tecnologia nata in Università a Milano è ora approdata a Sondrio con l’Asst Valtellina. “La piattaforma è scalabile e può essere utilizzata da tutta la Regione e da tutta Italia e ho provato in tutti i modi a rappresentarlo alla parte politica ma, lo dico con rimpianto perché l’esigenza assistenziale esiste, le reazioni davanti alle tragedie devono essere più celeri, nessuno chiede l’esclusività e l’immobilismo ci sta danneggiando”. Per esempio? “La penuria di personale negli ospedali che si trova a casa, positivo ma spesso asintomatico, e che con questa tecnologia potrebbe lavorare. Serve più coraggio di sperimentare, se non lo fa la Lombardia non si capisce chi lo debba fare”.