Home Future L’eco-pelliccia non basta: non siamo animali da pubblicità

L’eco-pelliccia non basta: non siamo animali da pubblicità

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“Glorificazione degli animali selvatici in cattività”: questa l’accusa con cui Gucci è stata denunciata dall’organizzazione no-profit per i diritti degli animali World Animal Protection dopo il lancio della sua ultima collezione “Gucci Tiger” in occasione dell’Anno della Tigre.  Nella pubblicità si vedono modelle e modelli che posano, passeggiano o bevono un caffè in compagnia di questo animale. 

Animali e pubblicità, la replica di Gucci

In un post su Facebook, Gucci ha spiegato che le tigri sono state fotografate e filmate in un ambiente separato e sicuro, conforme alle politiche del marchio, poi inserite nelle immagini pubblicitarie grazie agli strumenti di ritocco fotografico digitale. La maison ha aggiunto anche che un’organizzazione per il benessere degli animali, American Humane, ha monitorato il set su cui si trovavano gli animali e ha verificato che non ci fossero maltrattamenti. “Ricca di significato per la maison, la tigre esprime il fascino del direttore creativo per la bellezza della natura”.

Le tigri come oggetti di lusso

Tuttavia, anche se è stata utilizzata la tecnologia digitale e gli animali non sono stati maltrattati, secondo Nick Stewart, responsabile globale delle campagne per la fauna selvatica di World Animal Protection, il messaggio che passa attraverso la campagna pubblicitaria di Gucci è sbagliato, perché ritrae le tigri come animali domestici e oggetti di lusso, quando sono animali selvatici che andrebbero sempre mostrati negli habitat naturali a cui appartengono.

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Dipingendole come semplici oggetti di scena per foto, la campagna di moda di Gucci incoraggerebbe i consumatori a trattare le tigri nello stesso modo. Altri marchi di alta moda, tra cui Prada, Dior e Bottega Veneta, hanno lanciato le collezioni Year of the Tiger senza sfruttare questo animale intelligente e in via di estinzione, ha dichiarato Gilbert Sape, responsabile delle campagne per la fauna selvatica di World Animal Protection, a MARKETING-INTERACTIVE. “Hanno dimostrato che il tema del Capodanno Lunare può essere comunicato senza crudeltà nei confronti della fauna selvatica, utilizzando invece collaborazioni di artisti e influencer e installazioni artistiche”.

Pubblicità e animali: i casi famosi

Da sempre, fin dall’Ottocento, gli animali, domestici o esotici, sono stati impiegati nelle riviste di moda e nelle pubblicità di vestiti e accessori, soprattutto quelli di lusso: cani, gatti, tigri, pappagalli, scimmie, leopardi e cammelli.

Tra i casi più famosi degli ultimi anni, ci sono Cara Delevingne con un gufo sul guanto per Mulberry, Julianne Moore con due cuccioli di leone per Bulgari, le pantere dei gioielli Cartier, il cane di Lady Gaga per Coach, che ha lanciato un’intera campagna pubblicitaria con protagonisti i cani vip. Sempre per Mulberry Cara Delevingne ha condiviso la scena con personaggi insoliti come la tartaruga Pukka, un cacatua chiamato Spud e Dusty il pony.

Perché? A spiegarlo è Joshua Katcher, editor del blog “The Discerning Brute”, autore del libro “Fashion and Animals” e docente di moda: “Ci sono alcune cose da cui gli esseri umani sono perennemente affascinati: il sesso, la morte, l’occulto e gli animali. Quando metti gli animali nella adv, ci sarà sempre una parte primaria del cervello di chiunque che sarà attivata. I media lo anno bene: gli animali funzionano sempre”.

Le ragioni degli animalisti

Animali & pubblicità: quali implicazioni etiche? Secondo gli animalisti il rischio è che la nostra percezione degli animali selvatici  risulti completamente alterata. Una ricerca ha per esempio dimostrato che le persone non considerano gli scimpanzé una specie a rischio a causa della frequenza con cui appaiono sulle riviste. Inoltre l’addomesticamento, secondo un altro studio, modifica il comportamento degli animali. Per esempio le scimmie addestrate tendono a spulciarsi di meno: un gesto affettuoso e giocoso, importante per integrarsi all’interno di un gruppo.