Home Future Le imprese femminili in Italia rappresentano solo il 22%, ma il PNRR potrebbe ridurre il gender gap

Le imprese femminili in Italia rappresentano solo il 22%, ma il PNRR potrebbe ridurre il gender gap

startup donne

A partire dal proprio ecosistema di dati – CRIF INFORMATION CORE – CRIF ha condotto un’analisi mirata per comprendere lo stato dell’arte dell’imprenditoria femminile in Italia e quali sono le potenzialità messe a disposizione dal PNRR.

Nello specifico, lo studio ha preso in considerazione le ditte individuali con titolare donna e le società in cui la maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione è costituita da donne o, ancora, la maggioranza delle quote di capitale è detenuta da donne.

In Italia a febbraio 2022 le imprese femminili sono risultate essere 1.381.987 (erano 1.312.451 alla fine del 2015) ma rappresentano solo il 22% delle imprese italiane.

Il 76% di queste ha una forma giuridica di Ditta Individuale, a fronte di un 15% di Società di Capitale, un 8% di Società di Persone e il restante 1% di Associazioni iscritte in CCIAA, enti, fondazioni e società anonime.

Analizzando, invece, l’incidenza delle imprese femminili rispetto al totale delle imprese, le forme giuridiche con la quota più alta sono Società di persone (27%) e Ditte Individuali (26%).

“I dati oggi confermano che la strada per colmare il gender gap in Italia è ancora lunga, ci auguriamo che il PNRR possa dare una forte accelerazione allo sviluppo dell’imprenditoria femminile. In questa direzione va il decreto del 24 novembre 2021 che ha integrato le risorse a sostegno con i 400 milioni di euro previsti dall’investimento 1.2 ‘Creazione di imprese femminili’ dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” – commenta Gaia Cioci, Senior Director di CRIF – “Si tratta di un intervento cardine del Ministero dello sviluppo economico che punta a rendere strutturali le agevolazioni per favorire la partecipazione delle donne nel mondo delle imprese, rafforzando e ridisegnando gli attuali incentivi a supporto dell’imprenditoria femminile per aumentare la loro efficaciaCome CRIF siamo al fianco del sistema finanziario per agevolare questo percorso virtuoso fornendo – in un’unica piattaforma – dati, analytics, tool digitali e le competenze dei nostri team di professionisti specializzati nell’advisory e formazione per rendere il PNRR journey delle imprese più semplice e veloce.”

La presenza delle imprese rosa nei diversi settori

Andando ad analizzare l’incidenza di imprese femminili nei vari settori economici, lo studio di CRIF presenta una situazione estremamente variegata. Nel dettaglio, il 40% delle imprese che operano nel settore dei lavori domestici è femminile, così come il 38% di quelle attive nella sanità, mentre quasi 1 impresa su 3 è femminile nei servizi di alloggio e ristorazione e di istruzione.

Seguono, per incidenza, i settori agricoltura, attività immobiliare, noleggio e agenzie di viaggio e attività artistiche. L’attività manifatturiera e i servizi di informazione e comunicazione sono riconducibili nel 18% dei casi a imprese femminili. Alcuni settori rimangono però ancora appannaggio quasi totale di imprese maschili, come nel caso dell’estrazione di minerali, di fornitura di energia elettrica, di fornitura di acqua e costruzioni.

La distribuzione sul territorio

L’analisi territoriale mostra una distribuzione sufficientemente equilibrata tra tutte le regioni del Paese. Quelle con la maggiore concentrazione di imprese femminili sono Basilicata, Molise, Umbria, con una incidenza del 25% sul totale, seguite da Abruzzo, Calabria, Liguria, Sicilia e Valle d’Aosta con il 24%.

Lombardia e Trentino-Alto Adige registrano invece solo il 19% di imprese “rosa”, pur essendo regioni a elevata imprenditorialità. Discorso sostanzialmente analogo per il Veneto, con il 20% di imprese femminili.

La digital attitude dell’imprenditoria femminile e gli investimenti previsti dal PNRR

L’investimento 1.2 dedicato alla «Creazione di imprese femminili» e previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) si prefigge di sostenere la realizzazione di progetti aziendali innovativi per imprese già costituite e operanti a conduzione femminile o prevalente partecipazione femminile, quali ad esempio la digitalizzazione delle linee di produzione, il passaggio all’energia verde, ecc.

Per fotografare lo stato dell’arte CRIF ha sviluppato algoritmi basati sull’intelligenza artificiale (A.I.) in grado di misurare il livello di digital attitude delle imprese, integrati all’interno della piattaforma proprietaria di marketing intelligence. Nello specifico, grazie a questi innovativi indicatori è stato possibile fare un profiling delle imprese femminili, dal quale emerge che l’88% di queste si caratterizza per una bassa digitalizzazione contro un 61% della media nazionale. Inoltre, nelle fasce con livello medio-alto e alto di digitalizzazione ricade solo il 5% di imprese femminili contro un 16,7% delle imprese totali.

I dati che emergono dallo studio CRIF forniscono una ulteriore conferma a quanto rilevato dal Global Gender Gap Report, pubblicato dal World Economic Forum a marzo 2021, secondo il quale serviranno 135,6 anni per eliminare completamente il gender gap tra uomini e donne. Il report misura il gender gap tramite un indice [1] basato su quattro dimensioni (Economic Participation and Opportunity, Educational Attainment, Health and Survival, and Political Empowerment), che a livello globale è pari al 68%” – aggiunge Gaia Cioci.

Nelle prime cinque posizioni si trovano Islanda, Finlandia, Norvegia, Nuova Zelanda e Svezia mentre l’Italia si classifica in 63^ posizione con un indice pari al 72%, rilevando il forte bisogno di incentivare le donne – ad esempio attraverso contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati – a sviluppare attività imprenditoriali sfruttando competenze e creatività per la realizzazione di progetti innovativi.

[1] L’indice assume valori da 0 a 100 e misura la percentuale di gap che è stato colmato, più è alto il valore minore è il gap