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Quanto inquinano le borse di tela?

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Avete presente le borse di tela, dette anche tote bag, che vanno tanto di moda? Di solito hanno loghi di associazioni, enti, case editrici, aziende “giuste”. E sono – o sostengono di essere – eticamente prodotte con cotone biologico. Ebbene, non è proprio così: da simbolo green, un po’ “de sinistra”, se vogliamo, queste borsette rischiano di diventare un problema per l’ambiente. Com’è possibile?

Da borsetta a un must alla moda

Da oggetto umile, la tote bag è diventata un accessorio cool e alla moda e ne è infatti cresciuta la diffusione, come è aumentato il numero di brand che ne ordinano a tonnellate, per poi regalarle come fossero senza alcun valore. Il problema è proprio questo: queste borse non si creano dal nulla e hanno un certo impatto ambientale. Secondo dati del governo danese del 2018, citati dal New York Times, ogni borsa di cotone dovrebbe essere usata “almeno 20 mila volte” per annullare la sua impronta ecologica. Ma nessuno lo farà mai, perché ognuno di noi ne ha più di una e nuove tote bag continuano a spuntare, al supermercato o in regalo con qualche rivista.

Le borse di tela inquinano: uno spreco continuo

Eppure il cotone non è gratuito. E non è nemmeno così sostenibile come sembrerebbe, visto che ha bisogno di enormi quantità di acqua. Un problema, se tale risorsa viene sprecata per confezionare inutili borsette che vengono peraltro spacciate come “green”, pur non essendolo.

Con chi prendersela? Difficile dirlo. La stragrande maggioranza delle persone si è convinta che queste borse siano un’ottima alternativa a quelle di plastica per la spesa, e hanno sicuramente ragione in questo. Il problema non è nel singolo consumatore, ovviamente, quanto nel fenomeno pop che si è sviluppato attorno a queste semplici borsette, prodotte di continuo e fatte per essere di fatto buttate via.

L’alternativa alle borse di plastica

Se all’inizio servivano a piccole aziende per farsi un minimo di pubblicità, negli ultimi tempi le tote bag sono diventate accessori di moda veri e propri. Già nel 2007 la designer inglese Anya Hindmarch mise in vendita una tote bag con scritto “I’m Not A Plastic Bag” (Non sono un sacchetto di plastica), creando un fenomeno pop. Da lì, brand di lusso e realtà d’ogni tipo sono stati attratti da questi oggetti e il loro potere evocativo, provocandone la sovrapproduzione e uno spreco di cotone.

Ogni gesto, anche quello più semplice e in buona fede, ha le sue conseguenze. È vero, non si tratta di sicuro dell’emergenza maggiore che dobbiamo affrontare nei confronti dell’ambiente, ma il problema rimane. L’ipocrisia alla base del fenomeno farebbe anche ridere, se non ci fosse da piangere.

(Foto: Envato)