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Sigfrido Ranucci sotto scorta: “Due killer vorrebbero colpirmi”

Sigfrido Ranucci sotto scorta

Sigfrido Ranucci sotto scorta: il conduttore di Report ha raccontato la sua vicenda al programma di Radiouno, “Un giorno da pecora”. Ranucci non è nuovo a minacce.

Sigfrido Ranucci sotto scorta: “Due killer vorrebbero colpirmi”

Sigfrido Ranucci, il conduttore del programma di inchieste Report, vive da qualche mese sotto scorta: “Da metà agosto sono sotto scorta 24 ore su 24″. Con queste parole Sigfrido Ranucci inizia a raccontare la sua vicenda personale molto delicata al programma “Un giorno da pecora” su Rai Radio1.Il vicedirettore di Rai 3 e dal 2017 conduttore del programma di giornalismo investigativo Report ha raccontato di aver subito minacce di morte: “C’è un buontempone che dal carcere avrebbe incaricato due killer stranieri. Sarebbe un personaggio che gestisce il narcotraffico, legato a famiglie di ‘ndrangheta.Ranucci ha specificato e chiarito qualche passaggio rispetto alla sua vicenda al telefono dall’Ansa, rispetto al termine buontempone: “Era un paradosso, è un uomo molto pericoloso al comando di una piazza del narcotraffico, negli anni passati ha avuto anche legami con il cartello di Pablo Escobar, con la destra eversiva, e non solo. Le indagini sono partite a luglio e a metà agosto quando è stato tramite indagini accertato dagli investigatori che aveva dato l’ordine a due killer stranieri di colpirmi, hanno deciso di intensificare la scorta . La mia abitazione è già attenzionata, ora è sorvegliata anche di notte. Di fatto non posso muovermi liberamente senza due persone che mi seguono negli spostamenti, ho le macchine sotto case in auto con loro e non posso portare nessuno con me“.

Sigfrido Ranucci: le altre minacce

Non è la prima volta per Ranucci. Nella puntata dello scorso 4 gennaio il pregiudicato Francesco Pennino aveva affermato che già nel 2010 il conduttore sarebbe stato stato bersaglio di uomini vicini al boss siciliano Beppe Madonia. Nel libro “Il Patto”, scritto con Nicola Biondo, indagava sulla trattativa Stato-mafia. “Io cucinavo in carcere in quel periodo, tra l’aprile e l’ottobre del 2010 – aveva raccontato Pennino – Beppe Madonia era in infermeria e io gli portavo da mangiare. Hanno detto che volevano pagare per ammazzarti: “‘Sto figlio di pu*** ci ha inguaiati con ‘sto libro”, dicevano. Poi da fuori hanno avuto lo stop, gli hanno detto d”i non fare rumore in quel periodo”.