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Sanremo, vescovo di Ventimiglia su Achille Lauro: “Penosa esibizione”

Sanremo, vescovo

Sanremo, vescovo di Ventimiglia condivide i suoi pensieri e critiche dopo l’esibizione di Achille Lauro all’apertura della 72esima edizione del Festival della musica italiana, che negli ultimi anni ha cambiato fin troppo registri ed obiettivi.

Sanremo, vescovo di Ventimiglia duro sull’esibizione di Achille Lauro

Achille Lauro ha aperto la 72esima edizione del Festival di Sanremo. Il giorno seguente a far parlare non è tanto la sua musica ma la sua esibizione scenografica. Già questo dovrebbe far riflettere visto che si parla di un Festival della musica e non di altro. Il cantante ha simulato un battesimo, versandosi addosso dell’acqua da una boccetta mentre cantava. Un evocazione del sacramento che non è piaciuta per niente a monsignor Antonio Suetta, vescovo di Sanremo.

Il tutto è avvenuto mentre cantava mezzo nudo in prima serata sulla Rai, servizio pubblico italiano. Fa pensare non solo ai tempi e ai modi di fare musica che sono cambiati in 72 anni di Festival, ma come siano cambiati gli atteggiamenti comunicativi per far parlare di sé e attirare l’attenzione. Achille Lauro è riuscito in questo ma ancora una volta ha comunicato di non essere un cantante ma un personaggio dello spettacolo prestato “abusivamente” a un mondo della musica che è scesa a fin troppo compromessi a causa di produttori, politica ed soldi.

Le parole del vescovo di Ventimiglia

Il vescovo di Ventimiglia, monsignor Antonio Suetta, è chiaro e diretto nei confronti dell’artista Achille Lauro. Al signor Achille Lauro diamo il dubbio di una giovinezza impulsiva e di un successo che è diventato più importante di tutto nella vita, dimenticandosi che chi decide di intraprendere questa strada diventa gioco-forza un modello da seguire per molti giovani.

La penosa esibizione del primo cantante ancora una volta ha deriso e profanato i segni sacri della fede cattolica evocando il gesto del Battesimo in un contesto insulso e dissacrante. Il brano presentato, già nel titolo – Domenica – e nel contesto di un coro gospel, alludeva al giorno del Signore, celebrato dai cristiani come giorno della fede e della risurrezione, collocandolo in un ambiente di parole, di atteggiamento e di gesti, non soltanto offensivi per la religione, ma prima ancora per la dignità dell’uomo. Non stupisce peraltro che la drammatica povertà artistica ricorra costantemente a mezzi di fortuna per far parlare del personaggio e della manifestazione nel suo complesso”.

Alla fine della sua lettera, il vescovo manda un messaggio di testimonianza: “Stimo opportuno sollecitare le coscienze ad una seria riflessione e i credenti al dovere della riparazione nella preghiera, nella buona testimonianza della vita e nella coraggiosa denuncia“.

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