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Foggia, blitz anti caporalato: indagata anche la moglie del prefetto

Foggia blitz anti caporalato

Foggia, blitz anti caporalato: sfruttamento della manodopera a danno di stranieri. Succede ancora in Puglia, purtroppo divenuta famosa alla cronaca per i continui sfruttamenti di stranieri nelle campagne.

Foggia, blitz anti caporalato

A Foggia c’è stato un blitz anti caporalato. L’ennesimo in Puglia che continua ad essere protagonista in negativo. Le indagini, partite dalla situazione di radicata illegalità nelle campagne del foggiano e condotte da luglio a ottobre 2020, hanno scoperto un altro sfruttamento della manodopera: le aziende cercavano forza lavoro e due extracomunitari si attivavano per cercare i braccianti nella baraccopoli. Provvedevano anche al loro trasporto presso i terreni e a sorvegliarli durante il lavoro. Le percentuali ovviamente per ciascuno erano: 5 euro per il passaggio e altri 5 per l’attività di intermediazione.

Gli stranieri erano trattati come schiavi, piegati a raccogliere pomodori nei campi anche 13 ore al giorno per pochi spicci e costretti a vivere in condizioni precarie nella baraccopoli di Borgo Mezzanone, a Manfredonia.

Indagata anche la moglie del prefetto

Tra gli indagati del blitz, secondo la Procura di Foggia, anche la moglie del prefetto e capo del Dipartimento per l’immigrazione del ministero dell’Interno, Michele di Bari, che si è subito dimesso. Rosalba Bisceglia è indagata con obbligo di firma e di dimora in quanto socia e amministratrice di una delle aziende coinvolte, è accusata di aver utilizzato manodopera procurata dai caporali.

Per i pm era «consapevole delle modalità di reclutamento» e delle «condizioni di sfruttamento» a cui venivano sottoposti i braccianti approfittando del «loro stato di bisogno». Con lei sono finiti nei guai i titolari di altre nove imprese, con un giro di affari e guadagni complessivo di 5 milioni di euro l’anno. Sottoposti a misura cautelare in carcere Kalifa Bayo, senegalese di 32 anni, e Saidy Bakary, gambiano di 33 anni, considerati i mediatori tra le aziende e gli immigrati. Per tre persone il gip ha disposto gli arresti domiciliari, altre 11 sono indagate. Le accuse sono di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.