Alberto Bolaffi, storico presidente onorario della casa d’aste Bolaffi e vero decano italiano della filatelia, è morto nella notte a Torino all’età di 89 anni. L’annuncio della scomparsa, diffuso “con immenso dolore” dalla società che porta il suo nome, segna la fine di un’epoca e riporta a galla – come uno squarcio profondo – le tensioni mai sopite tra passato e presente di un settore che negli ultimi decenni ha subito enormi trasformazioni.
Da sempre la storia di Bolaffi si intreccia con quella dei “beni rifugio da collezione”. Fondata nel 1890, l’azienda nasce come una scommessa rischiosa, sulla quale lo stesso Alberto Bolaffi aveva puntato da giovane scegliendo di abbandonare un commercio più comune – quello delle biciclette – per “scommettere tutto sui francobolli”. Scelta che nel 1893 si concretizza con l’apertura del primo negozio a Torino, in via Cavour: “La filatelia era agli albori e il capostipite, chiamato anche lui Alberto Bolaffi ebbe un’intuizione: abbandonare il commercio di biciclette e puntare sui francobolli”, si legge nel comunicato diffuso questa mattina.
Quella decisione – che oggi molti storici del settore non esitano a definire “rivoluzionaria” – sarà il seme di una storia aziendale che resiste e prospera da oltre 130 anni. Lo scontro tra innovazione e tradizione, tuttavia, non ha mai abbandonato la dinastia Bolaffi. Il figlio del fondatore, Giulio – universalmente riconosciuto come uno dei più grandi filatelisti italiani (“celebrato da un francobollo italiano” in suo onore) – aveva già negli anni Venti dato al commercio filatelico una spinta fortissima: “Sviluppò innovativi criteri di catalogazione e quotazione dei francobolli e intuì il valore dei documenti postali come testimonianza scritta delle grandi imprese dell’umanità”.
L’ascesa di Alberto avviene negli anni Cinquanta, in un’Italia “sospesa tra le macerie della guerra e la voglia di modernità”. Nel 1955 entra da manager nella società, prendendo da subito parte attiva “alla guida dell’azienda dagli anni Sessanta fino al 2013”, e imprimendo una svolta decisiva alla struttura dell’impresa: non più solo francobolli, ma collezionismo a 360 gradi, con una politica commerciale che introduce il Collector Club nel 1986 e – nel 1990 – fonda la casa d’aste destinata a rinnovare completamente il settore. “Interprete del cambiamento dei consumi collezionistici e culturali degli anni Sessanta, amplia l’attività ad ambiti allora inediti”, sottolinea la società.
L’apertura alla filografia nel 2000 – cioè al collezionismo di documenti rarissimi e storici – e la successiva creazione, nel 2012, di Bolaffi Metalli Preziosi (orientata all’oro da investimento e ai lingotti con marchio Bolaffi) mostrano una strategia aziendale pronta a confrontarsi con i collezionisti così come con gli investitori, muovendosi fra le crescenti pressioni di un mercato globale non più controllabile. Da qui, il costante ampliamento dei settori: vini pregiati, gioielli, arte moderna e contemporanea, memorabilia, vintage tecnologico, auto e moto da collezione. Fino al 2020 e alla nascita di Bolaffi per gli Immobili, altro segnale di espansione che, secondo qualche critico, “ha rischiato di snaturare la vocazione originaria dell’azienda”, aprendo “il dibattito tra chi difende un collezionismo puro e chi vede in questa virata un semplice inseguimento dei profitti del nuovo lusso”.
I dati, seppur minimizzati dall’azienda, fanno discutere: la crescita, sotto la terza generazione, non si è mai fermata e la casa d’aste è oggi leader riconosciuto sia in Italia che all’estero, con “serietà e passione che si sono imposte come marchio di famiglia”. I passaggi di consegne a Giulio Filippo Bolaffi – figlio di Alberto – e la trasformazione societaria impressa dal 2012 in avanti appaiono per alcuni osservatori come “inevitabili” ma per altri, dentro e fuori Torino, spargono ombre: “Il mercato cambia e l’azienda si trasforma”, recita il comunicato ufficiale, mentre il settore degli addetti si divide tra entusiasmo e timori per un futuro sempre più ancorato “alla volatilità dei beni rifugio e dell’arte finanziaria”.
La scomparsa di Alberto Bolaffi chiude definitivamente una stagione ma, come ha segnato la storia recente della famiglia, lascia aperte le tensioni tra tradizione e innovazione, tra eredità e rilancio globale. Da oggi, la posta in gioco si fa ancora più evidente. Le reazioni di chi opera nel mondo del collezionismo sono già accese e non sembrano destinate a stemperarsi a breve. Il settore vive un passaggio epocale, mentre la memoria di una figura “che ha valorizzato la tradizione, iniziata con suo nonno nel lontano 1890, e dato al commercio filatelico un ulteriore, grande impulso a livello nazionale e internazionale” sarà ora pietra di confronto e, forse, di nuova divisione tra elitè e nuova generazione di investitori.