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Mes, bonus e rigore: perché si torna a parlare di debito pubblico

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Perché leggere questo articolo? Si torna a parlare di debito pubblico. Vediamo quali sono le spade di Damocle che pendono sulla sua sostenibilità a partire dal 2024.

Sta tornando l’allarme debito pubblico? Le reazioni politiche e mediatiche alla manovra del governo Meloni lo sembrano, in queste fasi, confermare. C’entra, di sicuro, lo “spauracchio” dello spread e del debito che abbiamo visto, recentemente, agitato dalle testate Gedi per colpire Meloni. E c’entra anche il vecchio refrain dell’uso politico delle passate posizioni di Meloni per giustificare una sua possibile “inaffidabilità” rispetto all’Europa. Ma è solo propaganda anti-governativa? Niente affatto. E bisogna partire dalla legge di bilancio.

La partita del debito

Il debito pubblico italiano sfora il 140% del Pil e la manovra si fonda su presupposti di crescita e obiettivi di privatizzazioni che per molti analisti, dal Fondo Monetario Internazionale al centro studi Confindustria, eccedono i parametri realisticamente raggiungibili. Se Roma non centrerà l’obiettivo del +1,2% di crescita nel 2024 e di un punto di Pil di privatizzazioni il rapporto debito/Pil rischia di esplodere oltre la soglia dell’era pandemica. E di subire il contraccolpo del ritorno delle regole europee. L’Italia ha infatti messo nero su bianco per il 2024 obiettivi di crescita che, se non confermati, possono imporre il ritorno al rigore.

Come spiegato in passato su queste colonne, infatti, l’1 gennaio 2024 torna in vigore il Patto di Stabilità e, ad oggi, c’è il concreto rischio del ritorno in auge delle regole più austeritarie se la Commissione Europea tornerà a valutare con severità i bilanci degli Stati. Dunque in quest’ottica è più complicato guardare al quadro macroeconomico per il 2024 pensando a una situazione stabile.

L’anno prossimo lo Stato si troverà di fronte a rinnovare oltre un settimo del debito pubblico in dodici mesi, ben 415 miliardi di euro. Una cifra importante per il cui raggiungimento servirà certezza di poter arrivare, entro fine anno, con un quadro macroeconomico stabile. Già il compianto David Sassoli, non certamente passabile di sovranismo, indicava nel rigore la condanna dell’Europa. Dunque il Patto dovrebbe, per migliorare la situazione, essere modificato. Ma la Germania fa muro sulla proposta della Commissione Europea, mentre l’Italia si trova in una difficile posizione negoziale.

Verso un crocevia decisivo

Il governo Meloni deve, oltre al Patto di Stabilità, guardare alla battaglia sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Un via libera alla cui ratifica rappresenterebbe un passo indietro rispetto alle promesse elettorali del centrodestra, ma è ritenuto al contempo necessario per incassare un Patto di Stabilità meno rigorista. Il sentiero su cui si muovono Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, titolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è dunque strettissimo. Anche perché nei prossimi anni lo scenario è destinato a essere sempre più complicato.

Nel 2025 andrà al rinnovo un ampio parco del debito pubblico generato per le risposte alla pandemia e andrà a scadenza circa un terzo dei 2,85 trilioni di euro di indebitamento nazionale. A quei tempi destinato ad avvicinarsi al livello-soglia dei 3mila miliardi di euro. Tutto questo in un contesto di interessi crescenti in cui, nota il Corriere della Sera, “il costo reale del debito dunque non farà che aumentare e per lungo tempo, perché gran parte delle obbligazioni avranno una vita media fra cinque e sette anni“.

Il buco nero dei bonus sul debito

Oggi più che mai si sente dunque il peso delle aspettative future. Su cui, oggi più che mai, gravano i disastri di ieri. Federico Iadicicco, presidente di Anpit, parlando con True-News ha sottolineato l’impatto enorme di un’economia dei bonus capaci di creare 162 miliardi di spesa nel decennio 2012-2022. Una conta a cui va aggiunto il buco nero del Superbonus 110% e delle sue catastrofiche conseguenze sui conti pubblici e sul debito creato nell’era del Covid. In un periodo in cui le regole erano sospese e non c’era problema legato al Patto di Stabilità che tenesse. Ma in cui, forse, si sarebbe dovuto programmare con maggiore attenzione il futuro. Per non presentarsi a un appuntamento di vita o di morte sul piano economico praticamente disarmati.